Al-Maranca, il musicista pirata che gira il mondo

C’è un musicista pirata che gira l’Europa alla ricerca di sonorità che affondano le radici in un passato remoto e sempre vivido. Suoni che sono lo specchio di un Sud impossibile da dimenticare per chi l’ha assaporato voracemente e che puntualmente torna con forza anche nella personale produzione artistica. Di chi stiamo parlando? Di Al-Maranca (Alessandro Maranca, all’anagrafe), musicista, cantautore, produttore d’origine nocerina, che vanta un gran numero di collaborazioni oltre a un ricchissimo bagaglio culturale, frutto di ricercate mistioni filosofiche e sonore. Attualmente dislocato nella suggestiva capitale inglese, Al-Maranca ha scavato nelle sonorità del suo Meridione prima di giungere alla completezza espressiva del suo sound. Abbiamo cercato d’approfondire il discorso in una lunga e intensissima chiacchierata.

Come ha inizio l’avventura di Al-Maranca?

«La mia avventura come musicista professionista inizia ventidue anni fa, su e giù per la Salerno – Reggio Calabria, facendomi le ossa sui palchi delle feste di piazza, tra luminarie, mandorle tostate, santi in processione e braci di carne a effetto fumo. Ho visto posti e villaggi assai remoti e situazioni a volte assurde. Ricordo una volta d’aver suonato in Aspromonte su un palco montato su delle gabbie piene di polli e conigli. Il nome d’arte Al-Maranca nasce dopo un viaggio in Andalusia nel 2006 e in particolare a Granada, una delle mie città preferite, dove l’influenza araba è ancora forte e, se ti affacci un attimo sulla costa a pochi chilometri, si vede l’Africa. Incominciai a indagare su Al-Andalus e su quel “breve” periodo storico a cavallo del Medioevo in cui nel Sud della Spagna, sotto la dominazione araba, musulmani, ebrei e cristiani convivevano pacificamente e dialogavano. Il mio cognome è di origini spagnole e visto che mi stavo avvicinando a quelle sonorità “moresche”, mi piaceva col nome riunire musicalmente i due mondi. Al- in arabo è l’articolo e gioca con diverse cose, ovviamente anche col mio nome, Alessandro».

Da un piccolo paese di provincia hai deciso di spostarti prima a Roma, poi a Londra. Questa lenta ma costante evoluzione sonora ha avuto a che fare anche con i diversi luoghi con cui venivi a contatto?

«Mi ritrovai a Roma per fare il servizio civile e ci rimasi, perché iniziai a suonare in giro. In quegli anni ’90 l’Italia non era ancora un paese da cui scappare, certo viaggiare era importante ma non ci s’immaginava un esodo pari a quello in atto oggi. Gli artisti si muovono, osservano e raccontano a modo loro, determinante è anche la città e la comunità in cui si sceglie di vivere, lavorare e dove ci si relaziona. Roma mi ha fatto crescere e capire molto, ma sicuramente Londra è la città che mi ha dato e formato di più. A ogni modo penso che il vero ombelico del mondo sia il Mediterraneo e noi ci stiamo proprio in mezzo».

La tua musica è caratterizzata da un’acuta ricerca sonora che è lontana da un certo discorso di musica mainstream. Cosa ti ha spinto verso un sound che non perde mai di vista le tue radici Meridionali?

«Dopo qualche anno della mia vita di straniero emigrato in Inghilterra, tra centinaia di culture diverse, le mie radici sono tornate con forza e ho incominciato a mescolarle musicalmente con tutto ciò che avevo approfondito e assimilato prima: il rock, il funk, il dub, la musica africana. “Alli Canti!” è il brano che sancisce in un certo senso l’inizio di questa mia ricerca che sto tuttora continuando. Lo scorso 4 gennaio, tra l’altro, grazie al gruppo Ri-Scopriamo Nuceria, guidato da Antonio Pace e Carmine Montalbano, ho avuto modo d’esibirmi all’interno delle sacre mura del Battistero Paleocristiano di Nocera Superiore. Un’esperienza estremamente suggestiva!».

Durante il tuo percorso di formazione hai avuto modo d’entrare in contatto e collaborare con artisti noti come Britti, Groff e Calandra, oltre a un gran numero di musicisti d’oltremanica. Tra questi credi ci sia qualcuno che abbia influito maggiormente sul tuo modo di percepire e produrre musica?

«Tutti mi hanno lasciato indubbiamente qualcosa ma in particolare ricordo con grande affetto SKP, un vero storyteller, cantante della mia prima band ufficiale a Londra, SKP & the Ugly Love, suonavamo reggae punk. Ne ho perso le tracce, ma era un personaggio di una storia e un carisma incredibili, un veterano che mi ha insegnato tantissimo di musica e di vita e anche a guardare la tanto celebrata società inglese oltre la facciata, in maniera dura e realista».

Quale parte del Sud è più vivida nelle tue produzioni?

«Sicuramente il Cilento, che amo profondamente, sia la costa che le montagne dell’interno, è una terra materna ancora abitata dagli Dei e siamo davvero fortunati ad averla così vicina, poi scorre in me un po’ di sangue cilentano, mia nonna era di Roccadaspide ma adoro tutto il Meridione. Guardo a questi luoghi e immagino approdi di fenici, greci, romani, barbari, santoni e streghe, saraceni sanguinari, imbroglioni, pellegrini e cavalieri, briganti e traditori, eroi e assassini fino ad arrivare a oggi, insomma centinaia di storie da raccontare».

Il nostro paese sta mostrando d’essere un territorio difficile per la maturazione d’ artisti emergenti. Quali sono le difficoltà più evidenti che s’avvertono in un piccolo paese come Nocera Inferiore?

«Ci sono grandi talenti a Nocera e nell’Agro, molte risorse umane e tanti spazi vuoti da riempire, il tutto completamente abbandonato a se stesso. Le energie purtroppo non circolano facilmente qui, perché vengono spesso bloccate o soffocate. Per chi ha spirito d’iniziativa gli ostacoli principali sono due: le istituzioni, che sono ormai una caricatura e che non hanno alcun vero interesse a creare sviluppo e poi la maggioranza della gente, con la sua indifferenza e insensibilità verso la cultura, l’arte e le sue espressioni. È una situazione di stallo e di depressione che deve assolutamente cambiare. Le premesse ci sono, così come le persone che hanno voglia di fare e di scoprire. Nel mio piccolo anch’io ho cercato e cerco di fare la mia parte però ci vorrà del tempo, siamo già entrati in una nuova era ma i nuovi codici e le modalità si stanno formando lentamente».

In virtù della tua esperienza, c’è qualche consiglio che senti di dare ai giovani musicisti che intendono fare della musica il loro percorso di vita?

«Di non avere fretta, perché fare il musicista significa nel 99% dei casi scegliere una strada lunga e piena di ostacoli, soprattutto nella creazione del lavoro, poi di essere curiosi, di ascoltare e studiare tanto e di tutto. Si migliora nella vita così come nella musica anche dopo un grande film o un grande libro, insomma vivere coi sensi e la mente aperta, ma tenendo sempre un occhio vigile all’aspetto del business. Comunque regole vere e proprie secondo me non ci sono, ognuno ha il suo percorso e la propria dose di fortuna, che pure conta molto in questo campo e la vita, a maggior ragione quella di un musicista, è piena di scelte da fare ogni giorno».

Il video del brano “Alli Canti!” è estratto dall’album “From Poison to Medicine”, realizzato con il supporto della band Round Colored Note.

Carmine Vitale

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