Amianto, perché bisogna (sempre) parlarne

È ormai dimostrato che anche bassissime esposizioni a polveri di amianto possono indurre un ben preciso tumore polmonare, il mesotelioma pleurico. È importante, al fine di evitare inutili e preoccupanti allarmismi, precisare che i maggiori pericoli di esposizione avvengono nella manipolazione dei manufatti, contenenti amianto, durante le quali possono avvenire: rotture, abrasioni e urti facendo cessare la funzione del legante. E quanto premesso impone una domanda fondamentale, che ognuno di noi dovrebbe porsi: come si realizzano le condizioni di pericolo, e come vi si dovrebbe fare fronte?

Nel seguito proveremo a dare una risposta a questa domanda. L’amianto è un minerale del gruppo dei silicati, normalmente presente in natura, utilizzato per la sua elevata resistenza al calore e per la sua struttura fibrosa che lo rende particolarmente adatto come materiale coibente o di rinforzo per manufatti in cemento (per realizzare il cosiddetto fibrocemento).

Occorre precisare, inoltre, che, al contrario di una credenza diffusa, non è un minerale tossico o velenoso, i pericoli risiedono nella struttura stessa del minerale. Le dimensioni estremamente piccola delle sue fibre, infatti, è tale da insidiarsi, una volta respirate, negli alveoli polmonari innescando patologie che vanno dall’asbetosi fino al tumore polmonare. Basti pensare che le tubazioni interrate dell’acquedotto, realizzate con questo materiale, fino a quando restano sottoterra non sono per nulla pericolose perché l’amianto è innocuo per ingestione.

Al pericolo sono esposti, in primo luogo, tutti coloro che lo hanno utilizzato come materia prima o che lo hanno utilizzato per realizzare coibentazione di ogni tipo oppure realizzare tetti entrando direttamente in contatto con questo materiale. Per il resto della popolazione il rischio è minimo finché i manufatti e le coibentazioni sono in buono stato. Il rischio aumenta quando questi manufatti iniziano a deteriorarsi rilasciando le fibre nell’aria, per questo motivo è necessario rimuovere, nel tempo, tutti i materiali che con- tengono amianto o, almeno, intervenire in modo regolare per cercare di mantenere il più integro possibile tali manufatti.

Se si decide di rimuovere l’amianto o l’eternit inizia una seconda fase, molto pericolosa, in quanto gli operatori devono fare in modo di rendere impossibile la dispersione nell’aria delle fibre di amianto. Il materiale rimosso va alla fine in discarica e torna sotto la terra, che già lo ricopriva in natura e, a questo punto, la sua pericolosità, se non riportato alla luce del sole, cessa, al contrario di quanto notizie approssimative hanno fatto credere a molti, e certamente non può inquinare le falde acquifere.

Quando diventa obbligatorIa la bonifica?

L’amianto è stato dichiarato fuori legge dal 1992. Negli edifici privati l’onere della bonifica grava esclusivamente sui proprietari, Comune e ASL non sono tenuti a fare sopralluoghi. Il materiale si divide in friabile e compatto. Nel primo caso è possibile sbriciolarlo semplicemente con un’azione manuale; nel secondo caso, invece, occorre un’azione meccanica. In ambito condominiale se i manufatti si presentano in forma friabile, formato molto pericoloso perché riducibile in polvere con una semplice azione manuale e quindi inalabile, il proprietario (o l’amministratore) è tenuto a comunicare all’ASL di riferimento i dati della presenza di tale materiale: l’obbligo è prescritto dalla legge 257 del 27.03.1992 e la sua violazione, nel caso di omessa comunicazione, è suscettibile di una sanzione amministrativa pecuniaria di oltre duemila euro. Se l’amianto, invece, è in forma compatta è meno pericoloso in quanto può essere sbriciolato solo con azioni meccaniche e la diffusione di microfibre è poco probabile, in questo caso la sua presenza non fa scattare nessun obbligo di comunicazione. Qualora l’edificio, però, è in condizioni di degrado, il proprietario, o l’amministratore, ha l’obbligo di far effettuare un’ispezione con annessa valutazione di rischio da parte di un tecnico abilitato.

Francesco Saverio Minardi

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