Giffoni Experience: Garrone, ci scusi se abbiamo osato chiedere

Il romanzo “Gomorra” di Roberto Saviano, oltre ad aver avuto un enorme successo, è stato seguito da una pellicola cinematografica, a cura di Matteo Garrone, uno spettacolo teatrale, a opera di Mario Gelardi, e la più recente serie tv con la firma dello stesso Saviano.

Le varie rappresentazioni sono ambientate nel circondario napoletano, in cui vediamo ardere i focolai della criminalità organizzata. In questa edizione 2016, il Giffoni Film Festival ha voluto ospitare sia il cast di “Gomorra – La Serie”, sia Matteo Garrone, oltre a dedicare uno spazio alla responsabilità e alla trasparenza, in occasione della Giornata della Legalità, che ha visto il Procuratore Lembo citare la saga e il sostituto procuratore alla Direzione Nazionale Antimafia Laudati asserire che: «Va bene che ci sia la libertà di comunicazione, ma ci vuole anche una corretta discussione in quanto spesso il pubblico non ha la maturità di valutare».

Il regista del film è stato ospite di una conferenza stampa oggi pomeriggio e abbiamo colto l’occasione per fargli qualche domanda. Ci interessava sapere che visione avesse lui della serie tv, che riporta lo stesso nome del suo film (e del libro di Saviano) e che ha contribuito ad alimentare lo stereotipo negativo della Napoli priva di legalità, in cui lo Stato è completamente assente così come le forze dell’ordine sono del tutto marginali. Il tema è stato oggetto, di recente, di una critica da parte della Coisp, che ha accusato la serie tv di distruggere i tentativi di cambiamento. Nella nostra domanda, però, abbiamo inserito una parola, “attivisti” (in riferimento alle critiche e alla produzione di alcuni corti dal titolo “Laboratorio Mina L’Altra Faccia di Gomorra”), e da quel momento si è scatenato il putiferio, anche se il fulcro della discussione non era nient’altro che Napoli in sé.

Inizialmente, il regista si è rifiutato di rispondere, asserendo che questa domanda fosse un pretesto per scatenare un polemica e che la sua presenza lì fosse riservata alla discussione sui suoi ultimi lavori. Ha dichiarato che, nel corso del tempo, è stato costretto a dover cambiare numero di telefono poiché vittima di innumerevoli telefonate da parte di giornalisti curiosi di sapere cosa ne pensasse dei fatti di cronaca di Caivano. Fin dal primo momento, questa reazione ha lasciato perplessi i giornalisti presenti in sala. Un po’ come se qualcuno, a tempo debito, avesse dovuto chiedere a Picasso della qualità dei suoi pennelli, per non urtare la sua sensibilità dopo la prima esposizione della “Guernica”.

I film scuotono le coscienze e si fanno portatori di messaggi, positivi o negativi che siano, nelle vesti che indossano di mezzi di comunicazione di massa; sarebbe difficile immaginarli come un mero esercizio stilistico, così come veniva immaginata l’arte nel periodo barocco, da cui il regista si è fatto sedurre (in riferimento al suo ultimo film “Il racconto dei racconti”, ispirato all’opera di Giambattista Basile). Certo, i film sono universali e potrebbero essere interpretati da qualsiasi punto di vista (come alla fine ci ha risposto), ma Napoli sta pagando lo scotto della cattiva pubblicità, come ci ha fatto notare Rosario Dello Iacovo in seguito alla pubblicazione di uno spot australiano di Sky in cui venivano recitate le seguenti frasi: “Se pensando a Napoli ti vengono in mente le belle spiagge, il centro storico e la pizza più buona del mondo, allora non hai visto ancora Gomorra”.

Le parole di Garrone: «Io non sono uno che è abituato a dare opinioni su quello che non conosce. Mi si mette in mezzo una polemica tra degli attivisti e la serie e il libro di Saviano. Cosa c’entro io? Sono abituato a parlare di cose che conosco, io vivo a Roma. Ora sto facendo “Pinocchio”, mi vieni a domandare degli attivisti che hanno avuto delle cose contro la serie televisiva. Ho capito che vuoi avere una mia opinione ma io non sono uno che dà opinioni su cose che non conosce. Io sono venuto qua a parlare con ragazzi giovani, perché ci sono ragazzi giovani, di come faccio cinema. Poi, già ho detto che non mi va di parlare di “Pinocchio” perché ne parlerò, di Gomorra mi avete iniziato a chiedere sulla serie e per educazione ho risposto, a disagio, perché non mi va di dare giudizi sui miei colleghi. […] Ora io sto qui a fare una cosa che in qualche modo non mi appartiene, perché non l’ho mai fatto. Io parlo solo quando devo parlare di un film…».

Sara Santoriello

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