“Il Monmo è in evoluzione. E sembra emergere essere fatto a misura di cretini”. Intervista a Nicola Pepe, ricercatore al CNR

Nicola Pepe ha vissuto a Roma per circa vent’anni, ed è stato un ricercatore al CNR di Roma. Si è occupato di chimica teorica legata ai meccanismi di reazione con l’impiego di traccianti radioattivi e carbonio 14. In seguito si è trasferito all’Università di Ascoli Piceno ed è stato promotore e realizzatore del catasto architettonico monumentale della città. Tanti sono stati finora i suoi lavori, impossibile riportarli tutti. Si è occupato di documentazione scientifica e di computer grafica, ha girato e montato vari documentari, ha ricostruito opere d’arte in computer grafica e ha tenuto corsi di formazione di video-digitale. Pepe ha inoltre allestito un CD-ROM sulla collezione Kircher, famoso Museo di arte e scienza situato nel Liceo Visconti di Roma. Ha vinto il premio Cinema-Industria per un documentario sulle nuove tecnologie in Giappone presentato al MIFED, una rassegna audiovisiva che si tiene ogni anno alla fiera di Milano. È stato anche premiato a Parigi per un video girato completamente in digitale dal titolo “La città di Oualatha”, città nel deserto della Mauritania patrimonio artistico sotto tutela dell’UNESCO. Ho voluto cogliere l’occasione per rivolgere alcune domande a Nicola Pepe sul passaggio dall’analogico al digitale per meglio comprendere un mondo in continua evoluzione, da quella che era una società tecnologicamente complessa a una società sempre più di sintesi.

In primo luogo, qual è la differenza tra l’analogico e il digitale?

«C’è una grande differenza, sono due mondi dove uno sta scomparendo e l’altro sta crescendo vertiginosamente e mi riferisco al digitale, per le potenzialità, per le possibilità di applicazioni e per quello che ci farà vedere e ci darà in futuro. Noi oggi non abbiamo idea di quello che succederà tra 20 o 30 anni, siamo agli inizi, agli esordi di un mondo che è tutto da scoprire per le sue applicazioni come nella medicina, nelle telecomunicazioni e così via».

Quando è cominciato questo passaggio tra l’analogico e il digitale?

«È cominciato negli anni Ottanta questo processo insinuante e sottile del digitale, prima per scopi militari come intranet, poi sono usciti i primi Commodore e IBM a 32 e a 64 kb. I computer erano ancora agli albori perché lenti nella capacità di interagire con noi».

Quindi è stata soprattutto l’industria militare a voler sviluppare il digitale?

«L’industria militare ma anche i grandi colossi come l’IBM, la Honeywell così come il mondo del cinema con la Kodak che hanno mosso e dato la spinta al mondo digitale».

C’è stato un settore che ha risentito più di altri di questo passaggio al digitale?

«Quello fotografico, la pellicola è quasi scomparsa, non c’è più lo sviluppo. Oggi basta scattare una foto con il telefonino, ce l’abbiamo a colori, foto che poi posso gestire come voglio, nello stesso telefonino, spedirla, metterla in rete…».

Quali sono state le maggiori ripercussioni nella società?

«L’aspetto economico. L’economia ha subito una vera rivoluzione, dall’acquisto del telefonino alla possibilità di comunicare, fino ai processi e alle scelte di investimento nella finanza mondiale».

Molti dicono che il mondo analogico è più poetico mentre quello digitale è freddo…

«Il digitale è senza pietà! Il codice binario 01 è spietato proprio per la facilità di gestione, l’immediatezza dei tempi e costi zero. È anche vero che il digitale ti bombarda di immagini e noi diventiamo sempre di più dei filtri».

Scomparirà l’analogico?

«L’analogico resterà patrimonio dei poeti. L’analogico fornisce sempre una qualità alta del prodotto finale però i tempi di realizzazione sono lunghi, i costi sono alti e oggi si va di fretta quindi si vogliono risultati immediati, in tempi brevissimi e questo ce lo dà solo il digitale».

Cosa porterà lo sviluppo digitale, una realtà virtuale tipo “Matrix” dove la gente confonderà il reale con il virtuale?

«Mi auguro di no, anche se già oggi c’è questa inversione di realtà che chi è dipendente dei videogiochi diventa quella la sua realtà, mentre la vera realtà passa in secondo piano. Per molte persone diventa prioritario giocare a “Pokemon Go” in macchina anziché guidare…».

Bradbury, Asimov e molti altri scrittori di fantascienza, tanti anni fa, facevano intendere che un ebook reader non potrà mai sostituire un libro.

«Potrà sostituirlo ma resterà la piacevolezza nel libro vero di sfogliarlo, di sentire il profumo della carta. Io preferisco il libro vero».

È esatto dire che se non si fosse inventato il chip dei primi computer il bit non avrebbe rappresentato questa rivoluzione?

«Sono due realtà, due sinergie dove uno ha bisogno dell’altro. Se non ci fosse stato il chip, il bit non sarebbe vissuto, e viceversa, senza il bit, il chip non avrebbe senso. Sono due realtà imprescindibili».

Con l’avvento del digitale, l’uomo è più libero o più schiavo?

«Tutte e due le cose. Speriamo di arrivare al teletrasporto così non solo si potranno mandare messaggi ma andare dove vogliamo in tempo reale. Sperando anche di poter tornare indietro…».

Possiamo dire che la globalizzazione è figlia dell’avvento del digitale?

«Sì, lo è, per la grande facilità di entrare in un ambiente, in un mondo che ha grandi possibilità di scambio non solo culturale ma anche economico».

È d’accordo sul fatto che i dati immessi nel mondo digitale saranno e resteranno sempre compito dell’homo analogicus?

«I contenuti dipendono dagli interessi, è sempre una questione di scelta che spetterà all’uomo».

L’avvento del digitale ha rappresentato tra le tante cose il passaggio dalla società complessa a quella sintetica.

«Sì, perché hai tutto in un tutt’uno. Prima il telefono faceva il telefono, così la radio, la televisione, la videocamera, la macchina fotografica; tutti questi oggetti analogici svolgevano il loro compito singolarmente. Oggi il digitale li ha sintetizzati a esempio in uno smartphone».

In che mondo viviamo oggi?

«La mia opinione, discutibile o meno, oggi viviamo in un mondo di cazzate per un mondo di cretini. Questo, a maggior ragione, ci dove potenziare il nostro filtro per avere dei parametri di scelta che ci possano permettere di capire meglio le cose, cioè di vedere le cose con occhi diversi ma non perché uno sia migliore o peggiore degli altri ma perché siamo diversi e si ha bisogno di altre cose».

Ancora oggi lei persegue tanti interessi. Quale potrebbe essere una sua definizione?

«A lui la ricerca, agli altri la sua scoperta».

Sante Biello

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