“Giffoni 2016. La nostra più grande sfida”. Parla il Patron Claudio Gubitosi

Chiusa la 45esima edizione del Giffoni Experience, il festival di cinema per ragazzi più importante al mondo, cala il sipario sulla fortunata cittadina che sorge tra i Monti Picentini e che per dieci giorni all’anno attrae il mondo intero. Eppure, le prospettive del Giffoni si ampliano. Non bastano dieci giorni. La creatura partorita dalla mente di Claudio Gubitosi, 45 anni fa, insieme a uno sparuto gruppo di giovani, sarà in continuo movimento creat(t)ivo per 365 giorni e lo farà, a partire da questo momento, con uno sguardo rinnovato. Cinema come strumento di riflessione, esperienza come viatico di crescita, distruzione come costruzione del futuro, innovation hub come valorizzazione di progetti creativi dei giovani talenti. Albert Einstein diceva che “l’immaginazione è più importante della conoscenza”. Gubitosi sembra aver preso in parola lo scienziato e filosofo tedesco, immaginando qualcosa che non esisteva e costruendo intorno a quell’idea immaginata un mondo sempre più concreto, nonostante le difficoltà che obiettivamente il paese Italia infligge.

Un bilancio dell’edizione 2015?

«È stata una delle più imponenti e dolci edizioni in assoluto. Il primo bilancio riguarda le migliaia di partecipazioni di famiglie e ragazzi. Il punto di partenza è questo. Vogliamo continuare a essere produttori di benessere e felicità per i ragazzi ma anche per tutta l’area di Giffoni, per la mia provincia, la mia regione. Un territorio invaso da più di 270mila persone. Non c’è un metro quadrato del mio paese che non sia stato occupato da gente felice. Qualità dell’offerta culturale, talenti internazionali che vanno nei grandi eventi a pagamento e sono qui a Giffoni senza far spendere un euro alle persone. La qualità dei film è stata vissuta intensamente dai ragazzi. Sono orgoglioso di temi proposti. Quando tornano a casa, i giovani devono portarsi dietro un’esperienza totalizzante, devono portarsi dietro anche i dubbi, perché il dubbio è un motore di riflessione».

Il dubbio come punto di partenza del nuovo?

«Il tema di quest’anno, carpe diem, mi ha fatto riflettere. Anche io ho avuto il mio carpe diem. Quando, a diciannove anni, mi è venuta questa idea, potevo perderla, potevo non capirla, però l’ho presa, l’ho afferrata. Non ho avuto remore nell’intraprendere il percorso che ha segnato la vita di questo paese, la vita mia, di tanti giovani. Non è facile mettere dentro il paese in cui nasci un brand così forte e internazionale. Menomale che, negli anni, l’idea cresceva e cresceva anche il paese. Abbiamo proiettato nel futuro quello che poteva essere un grande momento di aggregazione tra l’idea e il territorio. Il mio carpe diem l’ho vissuto. Oggi si parla tanto di startup e penso di essere stato uno dei primi startuppari del mondo, mettendo insieme pochi ragazzi senza mezzi e risorse, ma con le idee. Il mio obiettivo è di fare, dall’anno prossimo, il mercato delle idee. Qui si verranno a presentare progetti veri. Nel 2009 era già matura l’idea di cancellare la parola “festival” dal brand Giffoni. Ancora oggi c’è molta resistenza a capire cos’è l’experience e cosa sarà l’opportunity».

Cosa intende per “opportunity”?

«Parto da un punto. Il nostro cammino è un’idea che ha un corpo. Questa idea ha la necessità di non essere imbalsamata, di non diventare un rito. Ogni cosa che si ritualizza è morta. Inoltre, non sta scritto da nessuna parte che il patrimonio che oggi tieni, sarà godibile anche domani. Allora il lavoro che fai e le attività che promuovi, la forza che ci metti dentro al Giffoni, ti porta a fare delle riflessioni. Se il nuovo avanza, non può essere contenuto nel vecchio. Nell’era digitale che viviamo, vedo che i cervelli nostri sono sempre e comunque analogici e legati al passato, incapaci o svogliati. Il mio grande sforzo l’ho fatto, di digitalizzare il cervello. Il passaggio tra experience a opportunity è un atto dovuto, naturale, potrei anche esagerare e dire che non l’ho deciso io, ma Giffoni, Giffoni inteso come “spirito”. Dopo un periodo di esperienza, vuoi le opportunità? Ecco questo è Giffoni. Ho fatto capire a tutti, dopo sei anni, cos’è l’experience, un’esperienza di vita per i ragazzi, per i talenti internazionali, per i giornalisti, per le famiglie che ritrovano in Giffoni il concetto di famiglia e di incontro con i propri figli. E poi si fa un ulteriore passo avanti e si comincia a ragionare sul Giffoni Multimedia Valley, un luogo dove avremo più spazi ma soprattutto un luogo vissuto da ragazzi in grado di cambiare la propria vita nel mondo. Ecco la grande opportunità».

E poi, il Giffoni Innovation Hub.

Certamente. Il processo più avanzato di un “non festival”, che in modo convinto ha distrutto tutte le regole del gioco. È il passo più avanzato della prima edizione di Giffoni, nel 1970. Queste cose già le vedevo, già le immaginavo. Non puoi non avere una visione ampia, lunga, articolata, sofferente. Qui nessuno ci regala niente. A volte pensi che il mondo ti crolli addosso. Tuttavia vediamo i risultati. Questo processo di disgregazione del passato non significa annullare il passato, ma entrare in un nuovo mondo, attraversare uno stargate. L’innovation hub è il più sofisticato e creativo mondo del Giffoni».

In un incontro all’Università degli Studi di Salerno, disse che dopo quarantacinque anni ha inizio il vero Giffoni.

«Esatto. Lo distruggo. Debbo scioccare, per far capire. Le parole dolci non funzionano. Il Giffoni è futuro e allora abbandonate il concetto di Giffoni per come lo avete vissuto fino a ora. Il 2016 sarà il primo anno di un Giffoni nuovo, giovane, che crea nuovi posti di lavoro. Stupiremo il mondo per come la creatività giovanile si possa fare ovunque, soprattutto a Giffoni Valle Piana, nel Sud e in Campania. Questa è la nostra più grande sfida. Abbiamo seminato e adesso si tratta di dare un percorso coerente e corretto al nostro futuro. A luglio, poi, con il festival ci divertiremo. Intanto, ci spostiamo dalla centralità dell’evento festival all’assimilazione di una serie di processi creativi. Vedrete e vedremo assieme cosa sarà Giffoni».

In Italia manca un’idea di crescita?

«Nessuno si è reso conto di quello che è successo. Sono anche un po’ arrabbiato e stupito, per questo. Il mondo è cambiato. La gente vuole vivere diversamente. La crisi economica, che significa trasformazione, ci ha dato la possibilità di farci le radiografie. Ma il nostro Paese è amante delle cose che conosce, di vecchio. Vedo anche i grandi eventi che sono in Italia, che fanno la stessa cosa da 50 anni. Sono ritualizzati. Quante idee sono in crisi di identità. Truffaut parlava di necessità. Diceva che parlare dei ragazzi e ai ragazzi, sostenere qualsiasi cosa si faccia coi ragazzi, insomma tutto quello che si fa per in ragazzi è sempre poco. Analizziamo questa riflessione, oggi. I giovani devono poter costruire concretamente il mondo del domani. Deve regnare una sola cosa, l’insoddisfazione. Io sono sempre insoddisfatto per quello che faccio. L’insoddisfazione non ti ferma, ti fa vedere avanti. Il problema è che ci sono molti direttori artistici e pochi direttori che scrivono il presente per il futuro».

Davide Speranza

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