Perché Zalone ha capito tutto, della vita e del cinema Italiano

Più di 50 milioni di euro incassati ai botteghini, “Quo Vado?” è diventato il primo film italiano – di sempre – ad aver raggiunto un guadagno simile. Subito dopo c’è “Sole a Catinelle” (2013), altra commedia firmata Checco Zalone.

Volendo invece restare in un arco temporale più breve, il secondo posto della sfida Natalizia se lo aggiudica il ritorno di “Star Wars”, saga cinematografica creata da George Lucas nel 1977, e tornata alla ribalta dopo 10 anni dal suo ultimo episodio. L’attesa nel mondo cinematografico, e tra i fan, è stata celebrata in ogni modo possibile, e di fatti negli Stati Uniti ha sbancato al botteghino ed è diventato il terzo incasso di tutti i tempi al Box Office. Ciò nonostante la tendenza generale mostra, per quel che riguarda il cinema nostrano, un chiaro ritorno di gloria dei film italiani al cinema. Complici commedie come “Natale col boss”, “Vacanze ai Caraibi” e, soprattutto, “Quo Vado?”. «Non è cinema di qualità!», rintrona negli ambienti e tra il pubblico del cinema d’essai. «Ma ha messo d’accordo tutti» rispondono le fazioni iostoconzalone. E allora, qual è il problema? Il problema è che Zalone ha incassato molto di più rispetto a qualsiasi pronostico. Il problema, finto sia chiaro, mette in disparte una questione più importante, ovvero quella di un panorama cinematografico non più florido come quello attuale italiano. L’unica domanda, l’unica questione che dovrebbe avere rilevanza è quella relativa al reinvestimento dei profitti, ma sarebbe un po’ come rincorrere una chimera.

Tornando a “Quo Vado?”, perché tutto questo successo? Perché Zalone ha capito tutto, della vita e del cinema italiano. Ha capito come trasformare il “politicamente scorretto” in battute effimere che lasciano il tempo che trovano. Ha fatto dei nostri vizi e delle nostre cattive abitudini un orgoglio nazionale, se contrapposto a una cultura così diversa come quella Norvegese, nel caso specifico di “Quo Vado?”. Ma, soprattutto, perché mette d’accordo davvero tutti, gente comune e politici. È riuscito a mostrare le più grandi paure dell’opinione pubblica – quella dell’invasione dei migranti – trasformandole in un gioco: a Lampedusa passa la frontiera solo chi è abile nell’arte del palleggio a calcio. Il posto fisso non è una utopia. È reale. E va difeso con i denti. Qualsiasi siano le condizioni da accettare, perché se è vero che ce l’hai fatta al Sud allora questo vuol dire che qualsiasi altro posto nel mondo non è altro che una passeggiata in discesa.

Una cosa è certa: non riusciremo mai a capire chi è davvero Checco Zalone guardando i suoi film, perché non parlano di lui. Non lo sfiorano nemmeno. Zalone è un personaggio furbo, ha individuato il modo giusto di raccontare un paese come l’Italia mediante una raffinata retorica, abbandonando un certo linguaggio volgare che lo caratterizzava nei lavori precedenti e soprattutto senza scomodare governi e governanti. Ha fatto della sua comicità una forma di “speranza”. Nel perpetuo clima tropicale che ha scaldato l’intera penisola, nemmeno un’ombra si è accostata al successo di “Quo Vado?”. Perché volendo o non, ha elargito una forma di rassicurazione che ben si sposava con l’aria Natalizia.

E mentre arrivano nelle sale le nuove pellicole oltreoceano che sicuramente metteranno d’accordo critica e pubblico, l’industria cinematografica italiana dovrebbe ricordarsi che un solo Zalone non basta. Ce ne vorrebbero altri 100 per rinvigorire le proprie casse e con i guadagni sperimentare nuovi tipi di cinema e finanziare giovani artisti. Il cinema inteso come arte necessita fortemente della sua sfaccettatura più popolare, poiché senza di essa è un gioco soltanto per pochi.

Fedora Alessia Occhipinti

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