Gianni Bonagura. Il ricordo dell’attore scomparso

L’8 ottobre scorso ci ha lasciati Gianni Bonagura. Un nome, una storia; quella del no- stro cinema, della nostra nazione.

La voce e l’ingegno di Gianni Bonagura si sono spenti in una clinica di Milano. In silenzio, senza clamore mediatico, lontano dal mondo dello spettacolo di cui, insieme a tanti suoi colleghi di corso e attori di prim’ordine del nostro cinema, ne è stato un grande interprete.

«Ridoppiaggio dei film del passato? Ci sono i distributori o anche i produttori che dicono Rifacciamo il doppiaggio… perché non funzionava prima? È da discutere, si può discutere tutto, perciò non mi fa specie se a un certo punto decidano di ridoppiare “Via col vento” o “C’era una volta in America!”».

Intervistato da Andrea Razza per “Il Mondo dei Doppaitori.it” (l’enciclopedia del doppiaggio) nel 2012, Gianni Bonagura rispondeva perplesso alla domanda sui tanti cambiamenti di un’attività, quale il doppiaggio, a cui lui ha dedicato una vita intera regalandoci classici entrati nella storia e capolavori intramontabili.

È destino di molti attori e doppiatori, specie di prima generazione, essere celebrati o spesso interpellati nel corso della loro vita come una sorta di enciclopedia vivente e dopo la loro scomparsa essere rimossi dalla memoria collettiva. Succede anche con molti intellettuali: il 27 settembre scorso è scomparso uno dei massimi esperti di Francesco Petrarca, il professor Ugo Dotti, per anni Docente di letteratura italiana all’Università di Salerno e della sua dipartita, se non nell’ambiente accademico, nessuno se ne è occupato. Ma torniamo a Gianni Bonagura. Gianni Bonagura, scomparso a quasi 92 anni, era l’ultimo grande di una generazione. Proveniente, come altri suoi colleghi, dall’Accademia di arte drammatica, dopo alcune edizioni italiane ed estere dell’Edipo Re di Guido Salvini, fu ingaggiato dalla compagnia di prosa di Radio Torino.

Per un fortuito caso fu notato da Antonio Gandusio a cui, essendo giunto al Carignano per i suoi spettacoli, occorreva un attore per una parte rimasta scoperta. Bonagura, grazie al suo talento, non solo ebbe “l’applauso a scena aperta di battesimo”, ma anche la proposta di Gandusio di entrare a far parte come attore a tutti gli effetti della sua compagnia.

Da quell’esperienza, Bonagura trarrà insegnamenti preziosi; oltre che i segreti della recitazione, anche un’etica. Appena si diede occasione di mutare la sua parte da “attor giovane” a quella di caratterista (ruolo che sarà perennemente durante tutta la sua carriera cinematografica) fu colpito dallo stile del commendatore Birolli di “Gente di Nozze” che non gli impose il cambio di parte, ma gli chiese con un garbato: «La prego di accettare questa parte che non è da attor giovane, ma da caratterista».

Teatro, cinema, televisione, Gianni Bonagura ha esplorato tutti i campi della settima arte. Assieme a Nino Manfredi e Paolo Ferrari inaugurò la televisione nel 1954 con alcuni pezzi di Carosone, fu uno dei brillanti caratteristi della commedia all’italiana lavorando con registi quali Blasi, Loy, Salce, Fulci, Ferrero. Ebbe occasione di recitare anche con Totò e Vittorio Gassman. Ma ci teneva a precisare, con la modestia dei grandi “che con il Principe della risata” aveva avuto solo una parte di fianco, uno sk etc.h fatto in riva al Tevere che non si ricordava neanche che titolo avesse il film. Con Totò Bonagura recitò anche in Totò Ye-Ye di Daniele D’Anza per la televisione nel 1967. Mentre con Gassman, Bonagura prese parte alla commedia musicale “Irma la dolce” con Annamaria Ferrero e alberto Bonucci.

Al cinema, ebbe sempre ruoli di prim’ordine sempre come caratterista (lo si ricordi nel ruolo dell’ingenuo ragioniere del totocalcio Amedeo ne “L’audace colpo dei soliti ignoti”) o del presentatore in “Risate di gioia” di Monicelli, tratto dai racconti romani di Moravia. Non a caso credo Mario Monicelli, uno dei cineasti più colti del nostro tempo, abbia voluto Bonagura in una parte in un film prettamente sulla romanità; forse perché Bonagura era un attento studioso e un appassionato di uno dei simboli della romanità stessa, il poeta Giuseppe Gioacchino Belli, nonché un fine dicitore dei suoi sonetti. Bonagura ha avuto modo in diverse occasioni di recitare, con sentimento e magistrale interpretazione, i celebri sonetti del poeta de “Li soprani del monno vecchi”o, ma la prima vera occasione di pronunciare un celebre verso del Belli fu in occasione del film omonimo di Bernardo Bertolucci “La commare secca” (1962): «Ggià la Commaraccia secca de Strada-Ggiulia arza er rampino».

Ma è con il doppiaggio che si deve a Bonagura un notevole e prezioso lavoro: doppiò Pleasence, Danny De Vito, Ian Holm. Il destino dei doppiatori, nonostante le gratificazioni che questo mestiere porta, è quello di essere “voci e persone nell’ombra” e spesso capita che pur contribuendo al successo di un film nella sua versione italiana che spesso nella sua versione originale non riscontra lo stesso successo, devono passare anni o capitare fortuite occasione per far incontrare regista e doppiatore di quello stesso film. E così è capitato a Bonagura.

Egli fu uno della straordinaria squadra di doppiatori chiamati a firmare la versione italiana de “La commedia più divertente del Mondo” come “Frankenstein Junior” di Mel Brooks del 1974. Il doppiaggio fu diretto da Mario Maldesi, forse il più rappresentativo dei direttori di doppiaggio. Se a Oeste Lionello toccò passare alla storia per aver prestato (o dato) la voce al Dottor Frankestein (Gene Wilder), ad Angiolina Quinterno a Elisabeth, a Bonagura toccò il personaggio cult: il gobbo Igor (Marty Feldman). “Frankestein Junior” ebbe molto più successo in Italia che all’estero proprio grazie a quel doppiaggio). Bonagura ebbe occasione di conoscere Mel Brooks solo 25 anni dopo, nel 1999 in occasione delle riprese del film “Svitati” diretto da Ezio Greggio in cui, appunto, per i cicli della storia, Bonagura doppia il protagonista del film, il pazzo ex soldato Jack Gordon interpretato da Brooks.

Woody Allen, alla morte di Lionello, sottolineò come Lionello, con la sua attività di doppiatore nei suoi film, avesse contribuito a renderlo un attore migliore di quanto lui fosse realmente”. Spetterebbe anche al regista de “La pazza storia del Mondo” recare un significativo omaggio all’attore che ha reso immortale il suo personaggio Igor che l’8 ottobre scorso è morto per la seconda volta.

Con la morte di Gianni Bonagura il cinema italiano perde non solo un suo grande interprete e servitore, ma anche una delle sue memorie storiche. Non tutti sanno che Bonagura ha il merito di aver fatto nascere il teatro di Ennio Flaiano: lo scrittore di Pescara con “Un Marziano a Roma” divise la critica e il pubblico. Bonagura, nell’intervista rilasciata ad Andrea Razza, racconta di come Marcello Marcesi gli scrisse raccontandogli la reazione stupita e inaspettata del pubblico che era arrivata quasi a toccare il ricordo de La prima dei Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello. Pubblico impreparato o conservatore?

E come era orgoglioso Bonagura della sua amicizia con Flaiano; mostrava orgoglioso una sua poesia autografa, dedicata a lui a tutti i suoi conoscenti.

Una carriera completa la sua, dal “Ventaglio” di Goldoni negli anni Quaranta, passando a “I sette re di Roma” di Luigi Magni sino ai film di notevole impatto visivo come “The day after Tomorrow” di Roland Emmerich in cui presta la voce a Ian Holm nel personaggio di Terry Rapson.

Stavolta “la commaraccia” ha alzato il suo rampino su Gianni Bonagura. La settima arte non può che ringraziarlo e rendergli un doveroso omaggio.

Stefano Pignataro

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