CONSIDERAZIONI SULLE CAPACITÀ MOTORIE – E NON SOLO- DEI NOSTRI GIOVANI

Stando a contatto continuo con centinaia se non migliaia di bambini e ragazzi, nelle scuole, nelle palestre, parrocchie, tornei, camp estivi, noto, come tutti quelli che come me stanno a contatto con i giovani, dei cambiamenti epocali.
Soprattutto nelle città medio-grandi, i bambini non scendono più nelle aree verdi o in cortile per giocare. Spesso il cortile o altri spazi non esistono più, e anche dove ancora esistono, i genitori, anche quando non lavorano tutti e due e quindi li possono seguire, non ce li mandano perchè hanno paura. In questo modo, non solo i bambini non fanno delle esperienze di gioco libero e di socializzazione che sono importantissime, ma non fanno delle esperienze motorie nell’età d’oro dello sviluppo delle capacità motorie. Provate a dire a un ragazzo di 12 anni di lanciare una palla più lontano possibile. Molti non le danno lo slancio, la fanno partire se va bene dal petto. Il sasso nello stagno non hanno mai provato a lanciarlo.
Nella scuola elementare, poi, mancando quasi sempre il docente di educazione fisica, se si va in palestra, lo si fa con i maestri/e, che nella maggior parte dei casi non hanno la preparazione per svolgere un’ora di attività non dico motoria, ma ludico-sportiva. Mia figlia, in una buona scuola elementare di Roma, in quarta elementare ha fatto per tutto l’anno ginnastica respiratoria durante l’ora in cui la classe veniva portata in palestra. In un’altra quarta elementare con cui operavo anni fa, i bambini, portati in palestra non erano in grado di correre perchè la maestra aveva paura che correndo potessero cascare e farsi male e aveva trasmesso loro questa paura.
Chi rimane? Rimangono le società sportive, unica ancora di salvezza. Ormai, spesso sono i pediatri che convincono i genitori a far praticare ai bambini una disciplina sportiva, perchè gli stessi sono sovrappeso e/o con capacità coordinative scarse. Meglio di niente, direte voi. Ma quante volte, in tutte le discipline, si vedono istruttori improvvisati, che non sanno cosa va fatto nelle diverse fasce d’età. Spesso con i più piccoli, si mettono i meno esperti, magari perchè costano di meno. E quante volte vedo, in molte discipline, una specializzazione precoce, a discapito, oltre che dello sviluppo della fantasia e creatività, dello stesso sviluppo delle capacità coordinative.
La necessità di far muovere i bambini è ancora e sempre più importante se si considera il sempre maggiore utilizzo da parte dei bambini di apparecchi multimediali che li trasportano in un mondo virtuale. Quello che noto è che i bambini che utilizzano per molte ore al giorno apparecchi multimediali sono i peggiori sia a livello di capacità attentive che a livello coordinativo.
Nella scuola media, tutto ciò è ancora più macroscopico. Anche per chi pratica un’attività sportiva, quando si passa alla scuola media inizia un rapido abbandono della stessa. Per la mia esperienza nella città di Roma, se in media i praticanti sono tra il 40 e il 50%, alla fine della III media sono tra il 15 e il 20%. E nel 90% dei casi, chi abbandona la pratica sportiva tra gli 11 e i 14 anni, non riprende più. Di pari passo con l’abbandono dell’attività, si impennano il sovrappeso e una diminuzione delle capacità motorie. Io dico sempre che se le mie capacità motorie sono scarse, la cosa non influenza solo la mia capacità di praticare un’attività sportiva, ma anche, la mia capacità in futuro di guidare un’automobile in condizioni di sicurezza. Quando starò a un incrocio e dovrò calcolare in una frazione di secondo cosa fare rispetto al pedone che sta attraversando, all’auto davanti che sta svoltando e al semaforo che sta cambiando colore, se le mie capacità coordinative sono scarse, avrò maggiore possibilità di fare un incidente.
Perchè smettono di praticare? In questa fascia d’età, nell’ordine metterei:
la pressione dei genitori (e talvolta dei docenti) che, di fronte a un brutto voto, come punizione non mandano il figlio in palestra. Niente di più sbagliato. Se il ragazzo non si impegna, cominciamo a levargli il telefonino, il tablet, il pc… O no? Il risultato, alla fine, è che il ragazzo smette di giocare, e quando smette di giocare nel 90% dei casi peggiora anche nelle capacità attentive e di concentrazione e quindi non va meglio a scuola, ma spesso peggiora. Molti genitori addirittura non fanno più praticare lo sport “preventivamente”, ovvero nel passaggio dalla V elementare alla prima media e dalla terza media al I liceo, non gli fanno più praticare attività sportiva per paura che non abbiano tempo per studiare. La mia esperienza personale è che chi ci tiene allo sport, come a qualsiasi altra passione, farà, se responsabilizzato, ogni sforzo possibile per riuscire a portare avanti sia lo studio che lo sport. Ne risulterà un giovane e futuro adulto migliore, più responsabile, più completo e felicemente realizzato.

  • la scarsa capacità delle società sportive, e dell’istruttore/allenatore in particolare, a chi sta più indietro. L’allenatore, spesso frustrato da esperienze/situazioni personali, anziché pensare a far divertire e star bene i ragazzi, pensa solo a vincere il campionato “della parrocchietta” (senza offesa per le parrocchie). Chi è scarso spesso non viene mai convocato, se convocato spesso non entra e comunque non è considerato. Spesso basta qualche minuto e un po’ di considerazione per far sentire anche il ragazzo meno talentuoso importante nel gruppo. Si possono fare seconde squadre, secondi campionati, qualche amichevole, per dare soddisfazione a tutti.

In conclusione, sono molto preoccupato per le nuove generazioni. Il rapido declino delle capacità motorie porterà dei deficit irreversibili nella vita di questi giovani. Riflettiamoci sopra. Tutti. E cerchiamo di portare un contributo positivo per il futuro di questi ragazzi, ognuno per quello che può.

Ernesto Dissegna

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