2019: UN’ OTTIMA ANNATA

È fatto giorno, siamo entrati in giuoco anche noi
con i panni e le scarpe e le facce che avevamo.
Rocco Scotellaro, 1952

Smentiamo subito i corvacci neri… la letteratura gode di ottima salute! Il nostro Sud, mai avaro di talenti, ha sfornato tre libri che,  a mio parere, hanno tratti narrativi simili.

Domenico Notari, sul finire del 2018, scrive un gradevolissimo libro ‘La rabbia del rivale’:  Mario Gioffredo, architetto, rivendica la paternità dei disegni per la costruzione della Reggia di Caserta. Luigi Vanvitelli, con abile manovra banditesca, gli avrebbe scippato il progetto. Il libro si muove tra passato e presente, tant’ è vero che la vendetta colpirà vent’anni dopo: una giovane promessa dell’Ateneo napoletano, Silvestro Donnarumma, svelerà il mistero dei disegni scomparsi.

Piera Carlomagno scrive un bel giallo ambientato a Matera ‘Una favolosa estate di morte’, provate a leggerlo  e sentirete, immediatamente, l’alito caldo della pietra materana sul vostro viso. Una pietra che assorbe e restituisce a Viola Guarino, patologa e nipote della ‘prefica’ del paese, i fili per riannodare l’intricata vicenda degli ‘amanti di Tinchi’.

Giuseppe Foscari ha recentemente pubblicato un romanzo ‘L’Americana’ nel quale Maria, l’americana appunto, torna al suo paese d’origine per andare sposa, in seconde nozze, a Francesco, precedentemente marito della sorella, deceduta prematuramente. Il desiderio di famiglia di Francesco sarà osteggiato dai figli e dalla mentalità chiusa e gretta di Borgo, ma siamo alle soglie del ’68…e si sente!

Cosa lega questi tre titoli?

Tutti e tre gli autori sono della nostra provincia, in tutti e tre sono vivi e forti i legami con la terra d’origine. Il Borgo di Giuseppe Foscari è indubbiamente uno dei casali di Cava de’ Tirreni, forse quello più isolato, se per scendere in città si va a piedi, con il carretto o con l’autostop. Matera è la terra magica di Piera Carlomagno, e l’autrice lo sottolinea nelle pagine dei ‘ringraziamenti’. Domenico Notari ha studiato alla Facoltà di Architettura di Napoli, le pagine belle e dannate che ritraggono la città sul finire del ‘700 non potevano essere più realistiche.

Veniamo alla vera natura della loro somiglianza: il realismo è il prodotto di ciò che si conosce profondamente, Carlomagno, Foscari e Notari hanno una chiara conoscenza dei luoghi descritti, scrivono anche in dialetto con pochi colpi di penna ben assestati. L’identità si conferma nella scelta lessicale, nei proverbi di Notari, nei dialoghi tra nonna e nipote della Carolomagno, nel  slang angloitalico di Maria. Dunque una lingua come casa, anzi come ‘casa dell’essere’, che include e comprende.

Nei tre romanzi il cibo è un altro marcatore importante. Nel rito del caffè si consumano le antipatie della famiglia di Francesco per la strana sposa piombata a Borgo dall’ America, nelle lunghe chiacchierate tra Francesco e il maestro Bartolo c’è l’uva matura, le pizze fritte e gli arancini di riso. L’amore tra Teresella e Mario Gioffredo corre tra un sugo alla genovese e una parmigiana di zucchine, i vapori profumati delle pietanze della giovane Teresella si sprigionano nella bottega artigiana dove Mario lavora giorno e notte. Cummà Menghina vuole sfamare la nipote ‘che deve pensare’ con le cialledde, i fusilli, il capretto e peperoni cruschi.

La simbologia di nutrimento attraversa tutta la nostra migliore letteratura:  ‘ventre affamato non sente ragione’ (Giovanni Verga, I Malavoglia) sentenzia ‘Ntoni il vecchio dopo la morte di Bastianazzo e il disastro della Provvidenza,  la minestra imbandita al giovane ‘Ntoni va tutta in veleno ( Giovanni Verga, I Malavoglia).

Nella società meridionale vivere e produrre vita, nutrirsi e avere figli sono stati bisogni principali, le attività umane che ruotano intorno ai protagonisti dei tre romanzi hanno il sapore dei piatti preparati in casa per le feste. Per concludere nei tre romanzi il segno storico è potentissimo, a volte quasi arcaico, la materia è trattata con delicatezza e trasformata in quotidianità. Foscari dimentica la storia/saggio ma la rimette al centro con penna lieve, la Carlomagno ci rimanda ad una Basilicata tutta lame e calanchi, Notari ci restituisce una napoletanità non di effetto, ma di ricerca.

La produzione letteraria meridionale sta vivendo una nuova primavera; la lezione verista non è stata dimenticata, ma si è intrisa di modernità.  Immobile, incantato e aspro il mondo di Foscari si apre a fermenti e rivolte; l’impianto tradizionale si carica di temi nuovi quasi imposti dalla realtà della guerra, della contrapposizione politica e dei conflitti del secondo dopoguerra, oppure appare lunare e tagliente nelle descrizioni della Carlomagno, oppure, come nel caso di Domenico Notari, ci regala la voce di una Napoli borbonica e sul ‘limine’ del cambiamento.

Frutti maturi di un Sud tutt’altro che sterile.

Maria Rosaria Anna Onorato

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