“PREMIO GALANTE OLIVA” 2019 SEZIONE EDITI: 1° PREMIO “Donne di carta” di MARA CINQUEPALMI

Incontriamo Mara Cinquepalmi, che con “Donne di Carta” si è aggiudicata il primo premio per la sezione editi al concorso letterario “Premio Galante Oliva” 2019.

 “Le fonti utilizzate per ricostruire alcuni momenti della storia dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e della Cartiera di Foggia sono giornali, atti parlamentari, libri e documenti dell’Archivio di Stato di Foggia, tutti consultabili.”

“Questa è una storia di gente persa e ritrovata, documenti dimenticati, libri non catalogati. Questa è una storia di uomini, ma soprattutto di donne, di ieri e di oggi, ed è la prima volta che si parla e si dà voce alle donne della Cartiera, come a Foggia viene chiamato lo Stabilimento dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.”

 “Donne di Carta” si può definire un saggio/una ricerca storica su un grande stabilimento industriale meridionale?

«Sì, “Donne di Carta” si può definire un saggio su un grande stabilimento industriale del Mezzogiorno!  È, soprattutto, una lettura di genere di questo stabilimento: “la prima lettura di genere” dello stabilimento del Poligrafico dello Stato a Foggia. Questa è una novità nel panorama editoriale ed è una novità anche per la metodologia adottata e per la pluralità delle fonti!»

Voci di “Donne”! Donne di carta …

“Carta” intesa come “materia prima, frutto di un processo industriale che si realizza in una fabbrica: la cartiera”

“Va online il sito del progetto. Viadelmareracconta è un contenitore di storie, frutto di due indagini: una archivistica, quindi di ricerca tra le carte dell’Archivio di Stato, una giornalistica con le interviste ad alcune ex lavoratrici. Parole e numeri offrono uno spaccato della vita di fabbrica tra storia e memoria. Le storie, appunto, e non la storia della Cartiera.”

Lei ha voluto dar voce alle Donne lavoratrici, alle “Donne di carta” utilizzando oltre alla fonte scritta, anche testimonianze dirette: i ricordi delle centinaia di donne che hanno lavorato nel Poligrafico di Foggia, la c.d. “Cartiera”?

«Sì, la voce delle “Donne” era fondamentale nell’impianto del libro: perché non soltanto i documenti storici quali, appunto, quelli dell’Archivio Storico, i Giornali, gli Atti Parlamentari, ma anche la voce di chi vi ha lavorato sono stati essenziali per ricostruire il tessuto sociale di quello stabilimento. Soprattutto, le interviste sono state importanti per raccontare quello che può essere considerato un Welfare di Stato ante litteram!»

“Una fabbrica, una città, un cuore d’acciaio che batte in periferia da oltre ottant’anni. Migliaia di uomini e donne che hanno trascorso gran parte della loro vita tra carta, filigrana, colla, cellulosa. Non può esserci la storia di una fabbrica senza le storie delle donne e degli uomini che vi hanno lavorato.”

“Foggia ha diviso il suo cielo, il suo destino con una fabbrica, lo Stabilimento dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato di via del Mare (da qui il nome del progetto web) che ha dato lavoro, ha disegnato, soprattutto nel dopoguerra, una nuova mappa sociale, ambientale ed economica della città.”

Che cosa ha rappresentato la “Cartiera” a Foggia? Che cosa produceva effettivamente? In che modo ha creato sviluppo economico – sociale?

«Certo, la “Cartiera” ha rappresentato un elemento importante nello sviluppo economico – sociale della città, non soltanto perché ha dato lavoro a migliaia di lavoratori e lavoratrici, ma perché era parte ed è ancora parte del tessuto urbano, economico e sociale; tanto è vero che poi è nato anche un quartiere attorno ad essa, anche se ancora oggi resta un quartiere periferico!

La storia si intreccia con quella della città, naturalmente, e questo è evidente anche dalle carte dell’Archivio che ho ritrovato!

La “Cartiera” nasce come Società Anonima Industria Cellulosa d’Italia, quindi, come stabilimento privato e, soltanto, con un Regio Decreto del ‘36 viene ceduta e trasferita                            all’Istituto Poligrafico dello Stato. Qui inizia la lunga storia di un’Industria di Stato in un territorio qual è quello di Foggia che non ha per ragioni storiche e ambientali vocazione industriale e, quindi, anche per questo la presenza ancora oggi di questo stabilimento è importante!»

“In quell’estate del 1946 nello Stabilimento di via del Mare lavoravano 1.558 persone, di cui soltanto 152 donne: 146 operaie e 6 impiegate. Nessuna risulta nel foglio dei lavoratori dell’azienda agricola.

Viadelmareracconta è un suo progetto web, che coniuga data journalism e memoria storica nato nel marzo 2014 la cui parte più importante sono le interviste ad alcune donne che hanno lavorato in Cartiera a partire dagli anni ’60”!

“È lungo il cammino dei diritti delle donne in Italia. Un cammino difficile, pieno di ostacoli e discriminazioni che ancora oggi non sono del tutto superate. Un cammino che può essere ricostruito seguendo le leggi che, dal Regno d’Italia fino alla Repubblica, sono intervenute sui diritti delle donne anche per quello che riguarda il lavoro. È in questo contesto che si inserisce, va letta e interpretata la vicenda delle lavoratrici del Poligrafico narrata in queste pagine.”

Nella fabbrica di Stato le “Donne” non esistevano negli atti ufficiali?

Lei ha voluto far voce alle lavoratrici del Poligrafico e si è soffermata sulla “condizione delle donne in Cartiera”, tenuto conto che “Sembrava non fossero mai esistite”?

«Il mio libro si concentra in particolare sulle carte rinvenute e custodite nell’Archivio Storico di Foggia che vanno dal ‘43 al ’48. È impreciso dire che le donne non esistevano negli atti ufficiali perché in questi documenti ci sono! È vero invece che le donne non rivestono ruoli apicali!

La siffatta situazione non riguarda soltanto questa fabbrica, ma riguarda in generale la Storiografia industriale del nostro Paese. Sono pochi i documenti, i lavori dedicati al lavoro delle donne!

La Prof.ssa Linda Giuva, infatti, spiega nella prefazione al libro che questo è un lavoro che permette di scavare e riportare alla luce la presenza delle donne: “Spero che questa prima opera di dissodamento stimolerà il cammino verso ulteriori approfondimenti soprattutto in relazione alla presenza femminile.”  

Infatti, manca una storia delle donne nel mondo del lavoro!»

 “Le condizioni di lavoro delle donne impegnate nella lavorazione della carta sono difficili: «Un impianto razionale di aspiratori d’aria necessita al reparto “scelta cartaccia e straccio” per la tutela della salute delle donne che ivi lavorano: lo stesso reparto manca poi di un adeguato impianto di riscaldamento». Di queste richieste si farà portavoce – come abbiamo letto nelle pagine precedenti – l’onorevole Anna De Lauro Matera.”

«L’odore della colla e della cellulosa. È un ricordo indelebile. I primi giorni, appena assunta, non andai subito nel reparto carte valori, ma in allestimento, dove c’erano le macchine che facevano la carta, quella puzza… era terribile. Mi è rimasta sempre».

 “Non è solo uno scontro generazionale, ma è anche uno scontro di genere. Non è facile lavorare in un ambiente prevalentemente maschile, soprattutto se hai sedici anni e fai l’operaia”

Come erano le condizioni di lavoro dei dipendenti del Poligrafico? Come era l’ambiente per le “Donne di Carta”?

«L’ambiente è quello che può essere quello di una fabbrica negli anni 60 così come l’hanno raccontato le lavoratrici che ho intervistato.                                                                               

 È  interessante, invece, lo scontro di genere e generazionale che affiora dai ricordi delle lavoratrici e questo ci permette di avere uno spaccato ben preciso della fabbrica in quel momento!

Diverso, invece, è il discorso sulle condizioni di lavoro così come vengono descritte anche in alcuni atti ufficiali citati, ma la testimonianza più significativa è proprio quella raccontata dalle lavoratrici.»

 “Tra le attività sociali che il Poligrafico assicura ai suoi dipendenti c’è anche la colonia estiva per i bambini e le bambine dai sei agli undici anni, che impegnava non poco gli organizzatori: «prima si visitava dove sarebbero andati i bambini, poi si accompagnavano i bimbi con l’infermiera e con il medico, con una commissione sindacale e qualche responsabile della direzione. All’epoca nessuno poteva permettersi di mandare i figli in vacanza. Erano 15/20 giorni che alleggerivano le famiglie». Per le famiglie, soprattutto se a lavorare sono entrambi i genitori, è un sollievo perché «meglio mandarli in colonia che tenerli in mezzo alla strada. Stavano benissimo in colonia. Un po’ il distacco, però stavano bene. La cartiera ci dava tutto il corredo: pantaloncini, tuta, magliette». Il Poligrafico si occupa dei lavoratori anche negli altri mesi dell’anno e per alcune ricorrenze vengono elargiti benefit, «piccole cose che ti fanno capire quanto era importante il rapporto dipendente-azienda». In occasione della Befana veniva donata una calza ai bambini e «a Pasqua avevamo la colomba». E poi ancora «le borse di studio (…), il Poligrafico aveva convenzioni con negozi di libri, scarpe, vestiti, con vari negozi di Foggia». Un altro evento importante era la Prima Comunione, occasione per cui il Poligrafico forniva «tutto il vestiario.”

“… Magari ti incontravi con altri con lo stesso vestito, però tutto sommato…». Insomma, «l’azienda era attenta, avevamo tante cose, tanto beneficio. Dopo 25 anni di servizio facevano anche la festa ai dipendenti e davano una medaglietta d’oro. Preparavano un rinfresco e davano anche un attestato».”

Il Poligrafico di Foggia assicurava anche numerose attività sociali ai suoi dipendenti ed alle loro famiglie?  Qual è stato l’impatto sociale del Poligrafico a Foggia?

«L’impatto sociale è quello che dicevamo prima: cioè di una fabbrica, di un’industria di stato che ha dato lavoro a migliaia di lavoratori e lavoratrici e che viene definita anche un’agenzia sociale proprio per i servizi che offriva a partire dal nido, dalla colonia estiva, invernale, dalla possibilità di avere visite mediche specialistiche ai buoni per l’acquisto dei libri.

Quindi, un vero e proprio sistema di welfare che integrava lo stipendio dei lavoratori!

Possiamo immaginare quale impatto sociale: soprattutto perché ad alcuni ha garantito benessere; per le ragazze – assunte negli anni 60 – la possibilità di poter lavorare in una fabbrica, in un’industria di stato è stato un forte strumento di emancipazione.»

Nicoletta Lamberti

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