LA TRANSUMANZA. PATRIMONIO IMMATERIALE CULTURALE DELL’UMANITÀ

«Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare…» Il poeta Gabriele D’Annunzio la descriveva così nei suoi poemi.

Dopo anni di attesa è giunta la bella notizia: la Transumanza è diventata patrimonio immateriale culturale dell’Unesco. Il termine “transumare” significa trasportare gli animali dai monti alla pianura, dalle montagne del Molise al Tavoliere della vicina Puglia.

In passato, sulla transumanza si basava una vera e propria economia che ruotava attorno alla migrazione delle greggi e delle mandrie, al cambio di stagione, per esigenze quindi di nutrimento.

Nella stagione invernale ci si dirigeva verso le zone di pianura, mentre nella stagione estiva verso zone di montagna. Alla ricerca di erba fresca per i loro greggi, perciò, i pastori si organizzavano per attraversare i tratturi. In Italia, questa pratica dal 1447 divenne la principale fonte economica per molti paesi abruzzesi e molisani e tale rimase fino alla fine del 1800.

Le vie dei loro avi, i tratturi. Sono “autostrade verdi” percorse fin dal passato che tuttora attraversano intere regioni del Mezzogiorno. Oggi è possibile attraversarle a piedi o a cavallo, più che altro per turismo.

La pratica della transumanza è molto antica. Anche nei geroglifici egiziani sono riportate scene di mobilitazione del bestiame. In passato era un’esigenza e un lavoro a tutti gli effetti, mentre oggi si parla di transumanza come di tradizione. In un paese del Molise, Frosolone, si continua a mantenerla ancora viva.  Dopo anni di attesa, dunque, l’Unesco ha riconosciuto questa tradizione come patrimonio immateriale culturale dell’umanità. Su richiesta da parte del Ministero delle Politiche agricole, questo riconoscimento, la cui attesa è durata alcuni anni, si aggiunge anche ai beni culturali, storici, antropologici ed ambientali del territorio molisano.

Mariateresa Altieri

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