LETTERE ALL’ ITALIA. DA MORGAN AL PAZIENTE ZERO.

Spett.le sig.ra Italia,

che momenti! Siamo passati dal chiederci cosa fosse successo tra  Bugo e Morgan al domandarci chi sia il “Paziente Zero”.

Mia dolce signora, l’ultima volta che le ho scritto le ho raccontato di canzoni, poche, e fenomeni da baraccone, tanti, che hanno reso interessanti, si fa per dire, le conversazioni, l’informazione e i social.

Nel giro di pochi giorni Morgan e company hanno lasciato il posto, nei vari salotti televisivi, a virologi e tuttologi, alcuni pieni di dubbi, altri depositari della verità assoluta…la loro.

Mia carissima signora, siamo come sempre in balia di informazioni che ci bombardano su tutti i fronti possibili, ossessionati dalle nostre paure, indifesi, in preda delle nostre innumerevoli debolezze, sconcertati dal fatto che dalla paura dell’untore ci siamo scoperti untori noi stessi. Come tutte le cose che non conosciamo siamo terrorizzati da una situazione a noi finora estranea. La civiltà degli aperitivi, delle cene di lavoro, delle performance manageriali, minata alle sue fragili basi.

Gli assalti ai supermercati, la corsa all’ultima mascherina, la ricerca spasmodica della “introvabile bottiglia di Amuchina”, il terrore di essere contagiati, infettati, isolati. Sembra di assistere a un film di fantascienza con una sceneggiatura mediocre, ad essere buoni, una regia da dilettanti e con attori cani, che sono sempre peggio dei cani attori.

Le prime pagine dei giornali, i siti internet di news, i social, sono occuparti H24 da aggiornamenti tipo “bollettini di guerra”, mentre di guerra vera, in altri parti del mondo, si continua a morire. Scosse di terremoto passano inosservate, si fa silenzio su una strage di musulmani in Germania, le manovre di palazzo continuano, la data di un importante referendum si avvicina, tutto in silenzio, in mezzo al frastuono mediatico dell’autocommiserazione nazionale.

Probabilmente è come qualcuno ha provato a dire:« il Coronavirus è in Italia già da tempo, solo che non lo sapevamo, ci si curava un’influenza, si ricoverava per qualche polmonite, tutto nella norma, inconsapevoli, immersi nella nostra beata ignoranza, quella che a volte ci salva dalla follia collettiva.»

Mia tormentata signora, dal momento che scrivo, a quello in cui riceverà questa mia missiva, non so cosa potrà succedere: forse i casi aumenteranno o scemeranno; forse ci saranno altri morti “spacciati” , con leggerezza e ignoranza, come  vittime del coronavirus; l’attenzione dei media, e dell’opinione pubblica, finalmente, si sposterà su altre notizie più “redditizie”.
A proposito di vittime, mia indomita signora, si è arrivati al punto di tirare un sospiro di sollievo quando si apprende che sono “anziani malati”, come se questo potesse consolare. Quegli “anziani” sono gli stessi che i media, poco tempo fa, indicavano come salvatori della patria, i “nonni” che accudivano i nipoti, colmando vuoti istituzionali e permettendo ai loro figli di avere lavori e tempo libero. Quegli anziani che, in molti casi, con le loro pensioni, contribuiscono all’economia di famiglie in cui un lavoro per i giovani non c’è.  Vede cara signora, io continuo a chiamare le persone di una certa età “anziani” e non “vecchi”. Vecchie sono le cose, non le persone. Le cose vecchie si possono anche buttare, farne a meno, sacrificarle, gli anziani no, perché sono i nostri padri, le nostre madri, zii e nonni, sono stati quello che noi siamo, sono quello che diventeremo, se avremo la fortuna di diventarlo.

Si poteva fare di più? Si poteva fare meglio? Ci sono state colpe e leggerezze? Non lo so, non ho risposte e non ho pretese di trovarne, però penso che quando tutto questo sarà finito si dovranno tirare delle somme, giungere a delle conclusioni. Una cosa è certa, ci sono dei modelli che non hanno funzionato: un’Unione Europea sempre più solo sulla carta, una globalizzazione da rivedere e, possibilmente, correggere.  Andrebbe preso in considerazione il rivedere certi stili di vita e, magari, ridare valore a ciò che ci siamo illusi di poter fare e a meno. In fondo tutte le grandi calamità, anche se questa è lontano dall’esserlo, hanno portato dei cambiamenti, spesso anche radicali. La natura spesso adotta stratagemmi misteriosi per farsi ascoltare, credo che siamo di fronte a uno di questi.

Suo fiducioso e speranzoso (almeno per ora)

Antonello.

Antonello Rivano

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