WIKIPEDIA E WIKIPEDIANI. INCONTRIAMO MARCO CHEMELLO

Marco Chemello è un architetto vicentino che opera su Wikipedia, la più grande enciclopedia digitale del mondo, da oltre 15 anni. Dal 2005 è uno dei 100 amministratori dell’edizione italiana. Per l’associazione Wikimedia Italia ha svolto in contemporanea attività di volontario e dal 2015 al 2019 è stato coordinatore regionale per il Veneto. Lavora attualmente per Wikimedia Italia come formatore e Wikipediano in residenza per gli enti culturali (biblioteche, archivi e musei) e gli enti pubblici (enti locali, università e scuole di ogni ordine e grado) che intendono imparare a sfruttare il mondo “wiki”. Conosce molto bene ovviamente il mondo digitale, le sue potenzialità ma anche i rischi a cui possiamo andare incontro senza un’adeguata preparazione.

Cos’è un wikipediano?

«È un utente che aiuta a scrivere Wikipedia. Fin dagli albori di questa enciclopedia libera (nata nel 2001), come appartenenti alla sua comunità italiana abbiamo deciso di chiamarci “wikipediani” (dall’inglese “wikipedian”), ma dato che siamo degli enciclopedisti per passione, magari avremmo potuto più correttamente chiamarci “wikipedisti” (come del resto fanno i nostri colleghi spagnoli). Fare i wikipediani significa essere degli utenti volontari che alimentano e gestiscono i contenuti dell’enciclopedia libera. In pratica scriviamo tutti i contenuti, a volte traducendoli, giorno per giorno li verifichiamo, li correggiamo e li aggiorniamo, senza limitarci a consultare “passivamente” le pagine di Wikipedia, come fa la maggior parte degli utenti.

La nostra è una comunità di respiro internazionale, molto vasta e variegata. Bisogna tenere conto che Wikipedia è scritta in quasi 300 lingue e ogni edizione è un sito a se stante. Al momento circa 280 di queste edizioni hanno una comunità che le sostiene e ne gestisce i contenuti. Dato che le comunità nascono su base linguistica e non nazionale, ci teniamo a dire che la Wikipedia italiana non è (e non sarà mai) una “Wikipedia dell’Italia”; è invece una Wikipedia in italiano, a cui contribuisce un numero straordinario di utenti oltre ogni confine, a partire ovviamente dalla Svizzera italiana; ma i nostri utenti – sia che leggano sia che scrivano – sono in ogni parte del mondo.

La nostra comunità è cresciuta molto oltre i confini di Wikipedia, dato che nel corso del tempo sono nati da essa molti progetti “fratelli”. Quindi molti di noi oggi si riconoscono maggiormente nel termine complessivo “wikipediani”, a indicare che facciamo parte di un movimento molto più vasto, quello appunto di Wikimedia. Anch’io sono “nato” come utente di Wikipedia, poi ho iniziato a collaborare anche ad altri progetti molto belli nati nel frattempo – come Wikimedia Commons per le immagini e Wikidata per i dati – tutti improntati alla stessa filosofia dell’enciclopedia libera, cioè la condivisione aperta e gratuita del sapere attraverso le licenze libere

Come nasce la figura del wikipediano in residenza e a chi si rivolge?

«A mano a mano che l’enciclopedia libera cresce in dimensioni, popolarità e qualità, la sua novità e importanza sono riconosciute dalle istituzioni culturali. Biblioteche, archivi e musei di vari Paesi hanno iniziato ad affacciarsi a questo nuovo mondo, animati da intenzioni positive ma spesso senza sapere come orientarsi e come iniziare a collaborare. È nata dunque l’esigenza di una figura riconoscibile di riferimento, che faciliti i rapporti di collaborazione tra le istituzioni culturali (pubbliche e private) e la comunità wikipediana, una interfaccia, un facilitatore. In pratica un wikipediano in residenza assume l’incarico di trascorrere del tempo presso l’istituzione ospitante, per incontrarne il personale e il pubblico, dialogare e far comprendere quali sono le linee guida di Wikipedia e perché è importante rispettarle, aiutare l’istituzione a condividere i propri contenuti online in modalità Open access, imparando a sfruttare lo strumento fondamentale costituito dalle licenze libere Creative Commons. Il nome di “wikipediano in residenza” è nato per analogia all’”artist in residence” dei paesi di cultura anglosassone, dove è frequente che un artista o uno scrittore vengano ospitati per un certo periodo da una istituzione culturale.

Il primo wikipediano in residenza è stato ospitato nel 2010 al British Museum di Londra. Da allora ci sono state decine e decine di queste figure in molte importanti realtà culturali. In Italia il primo wikipediano in residenza in un museo è stato istituito nel 2014. A mia volta ho collaborato (e continuo a collaborare) in tale veste con varie istituzioni culturali italiane, quali la Fondazione BEIC (Biblioteca  Europea di Informazione e Cultura), il Museo nazionale della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano e l’Istituto Centrale per gli Archivi (ICAR), uno dei vari istituti centrali della Direzione degli Archivi del Ministero per i beni e le attività culturali con i quali Wikimedia Italia ha intrapreso progetti di collaborazione

Cosa l’ha spinta ad intraprendere quest’attività anche come professione?

«Prima che una professione la mia è una “missione” che nasce in continuità col mio impegno di volontario su Wikipedia, nel movimento Wikimedia e nell’associazione Wikimedia Italia. Nel 2011, quando sono stato chiamato da una fondazione per la prima volta a fornire un supporto professionale a professionisti degli enti culturali, ero già da anni un utente attivo di Wikipedia. È stato per me abbastanza naturale iniziare a mettere a disposizione l’esperienza accumulata negli anni – assieme alla passione – per aiutare altri ad affacciarsi a questo mondo. Un mondo affascinante, ma – mi rendo conto – non facile all’inizio per molti operatori culturali, che devono imparare a rivedere o “capovolgere” il proprio modo di operare sul web in modo da rispettare le linee guida dell’enciclopedia libera, la quale non è un prodotto editoriale qualsiasi, né un sito commerciale, né tanto meno un social network.

Ritengo che per far funzionare davvero un progetto su “Wiki” con una istituzione culturale serva coinvolgere più figure diverse e in particolare numerosi volontari come gli utenti dei progetti Wikimedia. Come wikipediano in residenza faccio soprattutto da tramite, da facilitatore, e lavoro con l’obiettivo di coinvolgere la comunità e valorizzare i contenuti culturali offerti dall’ente. Le istituzioni che hanno compreso l’importanza di collaborare col mondo Wikimedia e hanno fatto il primo passo sono ancora – specie in Italia – relativamente poche; dunque c’è molto più spazio in quest’ambito di quanto si possa immaginare, anzitutto come volontari ma anche come professionisti.

Una parte consistente della mia attività è dunque condurre percorsi di formazione per gli operatori del settore culturale, affiancandoli nelle loro attività fino a che abbiano acquisito sufficiente esperienza per operare da soli. Negli ultimi anni varie università italiane mi hanno inoltre chiesto di operare da tutor per i loro studenti, o anche per i dottorandi, dato che scrivere voci di Wikipedia costituisce per gli studenti un ottimo esercizio per apprendere le basi della scrittura scientifica e per i ricercatori un buon modo per imparare ad essere chiari e divulgativi. Allo stesso modo conduciamo progetti didattici con le scuole secondarie di primo e secondo grado, grazie ai quali gli studenti e gli insegnanti affinano le competenze di digital literacy.»

Lei conosce molto bene la rete e le norme del mondo digitale. Cosa possiamo dire soprattutto ai giovani che usano molto internet ma conoscono poco i rischi a cui potrebbero andare incontro?

«La rete è un mondo sorprendente e meraviglioso, ma può essere anche banalizzante e pericoloso se non si esercita sempre lo spirito critico, non si adottano le necessarie precauzioni e non si viene educati a un uso corretto degli strumenti. Vedo molta superficialità – anzitutto in noi adulti, prima che nei giovani – nell’approccio alla comunicazione su Internet, che spesso si limita all’uso di pochi social network e app di messaggistica, mentre c’è molto altro da scoprire e imparare a sfruttare. Da questo punto di vista, Wikipedia e i numerosi altri progetti Wikimedia sono una positiva eccezione a questo panorama di appiattimento culturale di cui siamo spettatori e vittime, causato dal predominio di poche immense piattaforme commerciali che sfruttano i nostri dati personali con scarsa trasparenza e pochi scrupoli. Il modo in cui oggi è così facile orientare l’opinione pubblica attraverso la disinformazione (le cosiddette “fake news”) o l’informazione parziale è un campanello d’allarme; è fonte di grande pericolo per lo sviluppo di una sana democrazia partecipativa. Se non siamo capaci di discernere la qualità delle informazioni e delle notizie – quindi l’affidabilità delle fonti – siamo destinati ad essere controllati a nostra insaputa, ad essere sudditi e non cittadini.

L’utilizzo critico e la contribuzione attiva ai contenuti delle piattaforme libere Wikimedia costituiscono un buon esercizio per apprendere quelle basi di cittadinanza digitale che dovremmo acquisire tutti, fin dagli inizi del nostro percorso scolastico. Vedo quindi un rischio per i giovani – quello di essere lasciati a loro stessi senza essere educati a un’autentica cittadinanza digitale – ma vedo un rischio anche maggiore per le persone mature e della terza età, che non utilizzano, o utilizzano acriticamente, questi strumenti (il cosiddetto “analfabetismo funzionale”) e sono a rischio tutti i giorni di venire truffati da operatori commerciali e politicanti da strapazzo.»

Come le istituzioni culturali, quelle formative e gli enti pubblici possono trovare delle opportunità nell’utilizzo di Wikipedia?

«Wikipedia è da anni il quinto-sesto sito più consultato al mondo (trascurando per un attimo i grandi siti riservati ai cinesi e controllati dal loro governo) ed è probabilmente l’unico non profit e senza pubblicità tra i primi 100. Il suo utilizzo aperto e libero la rende in pratica – e di gran lunga – la migliore piattaforma per la diffusione di contenuti culturali. Vari studi dimostrano che contribuire a Wikipedia è di gran lunga il migliore investimento da parte di un ente culturale a questo fine. Le istituzioni – pubbliche e private – possono entrare in questo circuito positivo a una condizione: adottare in modo serio una politica di “accesso aperto” (open access) dei propri contenuti con licenze libere, così da condividerli con un pubblico potenzialmente molto vasto. Dunque, rendere testi, immagini, contenuti multimediali e dati riutilizzabili liberamente e liberamente modificabili (questo significa “licenza libera”). Ci sono ancora molte resistenze rispetto a questa modalità da parte di operatori della cultura, sia pubblici sia privati, che cercano di difendere inutilmente le proprie posizioni acquisite. Questo è – secondo il mio punto di vista – un grande spreco, ma anche un grave pericolo per gli enti stessi, che sono destinati ad essere spazzati via se rimangono ancorati a pratiche e concezioni del passato.»

E le aziende? E le associazioni? C’è spazio anche per loro su Wikipedia?

«A mio modo di vedere, il modo corretto per contribuire all’enciclopedia libera è senza dubbio quello degli enti e associazioni culturali che mettono a disposizione i contenuti digitali in proprio possesso con licenze libere in modalità open access, perché sollecita gli utenti a utilizzarli, se sono contenuti di qualità. Viceversa, un’azienda (o anche un ente) che cercasse di promuoversi su Wikipedia con le tecniche tradizionali del marketing andrebbe incontro ad amare sorprese, come la cancellazione di tutti i contenuti nel giro di pochi minuti, e il blocco delle utenze per spam in caso d’insistenza. Infatti, la comunità di Wikipedia non è affatto tenera con chi cerca di sfruttare l’enciclopedia libera a scopo promozionale. Dunque, non c’è spazio su Wikipedia per i reputation manager o per coloro che promettono di inserire profili a pagamento. Solo una piccolissima percentuale di aziende o associazioni (per oggettiva rilevanza e lunga storia) hanno la possibilità di avere una voce su Wikipedia, della quale comunque non potranno mantenere il controllo dei contenuti. Questo vale per tutti, dalle aziende alle persone (non è permesso inserire il proprio CV su Wikipedia) e persino per gli enti benefici, dato che l’enciclopedia libera si basa su un “punto di vista neutrale e oggettivo” (NPOV) secondo il quale ogni affermazione va comprovata citando fonti indipendenti e autorevoli, e non tutti i punti di vista hanno identico peso.»

Wikipedia si pone nel web per la diffusione libera della cultura in tutto il mondo. Ci sono Paesi che hanno oscurato o reso meno accessibile l’enciclopedia libera?

«Si, ci sono vari Paesi del mondo i cui governi hanno deciso di oscurare (in tutto o in parte) Wikipedia ai propri cittadini, ritenendo alcuni dei suoi contenuti “sgraditi” al regime al potere. Ad esempio, la Cina (all’interno della quale è vietato anche solo citare l’esistenza la rivolta di Piazza Tienanmen), alcuni Paesi arabi e la Turchia, quest’ultima da quasi tre anni (anche se la Corte Costituzionale turca alla fine del 2019 ha giudicato illegittimo l’oscuramento in quanto contrario ai diritti umani). Personalmente ritengo la libertà di cui gode Wikipedia in una certa nazione sia un buon “termometro” per misurare il livello della democrazia. Il Presidente russo Putin ha più volte minacciato di sostituire Wikipedia con una versione aggiornata della “Grande enciclopedia sovietica”: si tratta per il momento di semplice propaganda, ma non lo trovate preoccupante? Potrebbe stupire alcuni, ma persino in Italia, pochi anni fa, abbiamo dovuto inventarci uno “sciopero di Wikipedia” di 48 ore, quando il Parlamento stava discutendo di una legge “bavaglio” per i blog che rischiava di danneggiare anche Wikipedia. Il motivo ritengo sia sempre il solito: i politici non gradiscono vedere riportate in rete le proprie malefatte e vorrebbero avere il controllo delle principali fonti d’informazione, ma è una battaglia persa. Almeno finché siamo in democrazia…»

Come è riuscita Wikipedia a diventare la più grande biblioteca digitale del mondo?

«Credo che il titolo di “più grande biblioteca digitale” vada di diritto al web e a Internet nel suo complesso, ma certamente Wikipedia è il principale sito di consultazione generalista, cioè su un po’ tutti gli argomenti, al mondo. Il suo segreto ritengo sia una combinazione tra la chiarezza dell’idea di base (creare un’enciclopedia per tutti), la piattaforma Wiki che permette a chiunque di modificare facilmente i contenuti, la licenza libera che fa funzionare il meccanismo della diffusione e del miglioramento continuo dei contenuti e infine l’incredibile dedizione della sua comunità di utenti, che ogni giorno donano una parte del proprio tempo libero.»

Nel sito di Wikipedia non compaiono banner pubblicitari. Come riesce a sostenersi?

«Riusciamo a fare a meno della pubblicità – e di ogni sostegno governativo – grazie alle donazioni di tantissimi utenti. Si tratta in genere di piccole donazioni, ma la base è molto grande. Siamo in molti a ritenere che l’autofinanziamento sia un fattore fondamentale per mantenere l’indipendenza di Wikipedia. Ogni anno viene condotta una grande raccolta fondi, che vanno direttamente alla Wikimedia Foundation negli Stati Uniti, la quale fa funzionare i server e in parte redistribuisce le risorse. A livello di singoli Paesi, esistono varie associazioni ufficialmente riconosciute che sostengono le proprie attività sul territorio raccogliendo contributi detraibili e donazioni; Wikimedia Italia si finanzia soprattutto grazie al 5×1000; in tal modo rimaniamo liberi e indipendenti.»

Quali sono gli obiettivi futuri di Wikipedia?

«L’obiettivo fondamentalmente di Wikipedia e di tutto il movimento Wikimedia rimane sempre lo stesso, cioè offrire una fonte di conoscenza aperta e gratuita per tutti, a ognuno nella sua lingua. Per essere davvero aperta a tutti, però, Wikipedia deve diventare più inclusiva, visto che al momento è ancora scritta prevalentemente da maschi bianchi occidentali. Non bastasse questo, molte voci si basano su fonti storiche vecchie (quelle liberamente accessibili), pertanto esse tendono a rappresentare, senza volerlo, un punto di vista legato a schemi culturali del passato, oggi superati in molti Paesi. Ad esempio, per quanto riguarda il sessismo: solo una piccola parte delle biografie su Wikipedia riguarda le donne, le quali tendono ad essere sotto-rappresentate, come pure molte altre categorie e culture minoritarie. Si potrebbe obiettare che questo accada semplicemente perché in fondo Wikipedia rispecchia la cultura, ma sarebbe un po’ come nascondersi dietro un dito, eludendo la questione. Ritengo che porre rimedio a questo grave problema sia un dovere per i wikipediani e una grossa sfida che comporterà molti anni di lavoro e un notevole impegno da parte di tutti, nonché il superamento di abitudini e schemi culturali molto consolidati in ognuno di noi, insomma un’autentica evoluzione nel segno del multiculturalismo (e non del politicamente corretto). Non tutti nella comunità si dimostrano realmente sensibili a questo problema e desiderosi di porvi rimedio, ma si tratta di un processo che ritengo ineludibile

Il mondo digitale corre ad una velocità incredibile. Nel giro di pochi anni ha cambiato il nostro modo di vita. Come bisogna agire per non trovarci impreparati?

«In realtà bisogna continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto o cercato di fare: leggere e studiare! Ma dobbiamo studiare meglio e con strumenti più adeguati. Uno dei rischi che corriamo è quello di pensare che ormai siano sufficienti le fonti disponibili online: non è così, purtroppo. Non possiamo fare a meno delle biblioteche. Solo una piccola parte del nostro patrimonio culturale è stata digitalizzata; a sua volta solo una piccola parte di questa è disponibile a tutti in open access.

Inoltre, abbiamo bisogno di diffondere una cultura del rispetto. Perché la nostra vita (digitale e non) possa migliorare invece di peggiorare, abbiamo bisogno di lottare sul serio contro alcuni fenomeni gravi, come la disinformazione e la propagazione di contenuti inneggianti all’odio e alla violenza, contro le violazioni sistematiche della privacy dei cittadini da parte degli Stati e delle multinazionali, le quali eludono le leggi e realizzano enormi profitti non tassati grazie ai paradisi fiscali. Non solo gli Stati devono darsi da fare – creando leggi migliori, maggiori tutele e coordinandosi meglio – ma anche noi singoli cittadini possiamo fare molto, cominciando a stare più attenti a quali contenuti condividere e quali no, e dove. Diffondere la gentilezza è di per sé un mezzo straordinario.

Wikipedia non basta, ma è certamente un esempio positivo che può essere seguito

Grazie

«È stato un piacere. E la prossima volta che trovate un errore o una imprecisione su Wikipedia… ricordatevi di fare clic sul tasto “modifica”.»

Sante Biello

NOTA:

Questo articolo è concesso dagli autori con licenza Creative Commons Attribuzione – (CC BY-SA) 4.0 Internazionale.

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