mi chiamo thiago

Breve storia di un viaggio senza fine

di Mimmo Oliva e Peppe Sorrentino

“Mi chiamo Thiago” di Mimmo Oliva e Peppe Sorrentino, edito da Polis SA Edizioni, è corredato dalla prefazione di Pietro Folena ed è arricchito dalle illustrazioni di Marianna Battipaglia.

Intensa e partecipativa, a maggio 2017, è stata la pièce teatrale al Diana di Nocera Inferiore, tratta dal libro “Mi chiamo Thiago” con adattamento e regia di Carmine Califano, regista – fondatore del Collettivo ACCA, che ha avuto l’arduo e difficile compito di adattare le tematiche sociali e politiche e gli spunti di riflessione del libro ad un lavoro teatrale.

“Mi chiamo THIAGO” è la breve Storia di un viaggio senza fine! Il protagonista THIAGO ripercorre come in una “macchina del tempo” i frammenti di storia di una generazione, di una terra malsana e disincantata; le mille sfaccettature dei sistemi di potere, di un Sistema e di  più Sistemi accanto ai quali ci muoviamo “quotidianamente, e nel quale vengono prese le decisioni che, quotidianamente, subiamo da cittadini – spettatori ignari.”; la corruzione che pervade tutte le istituzioni, i partiti, i sindacati, etc. e la rappresentazione della fine della sinistra intesa quale comunità di intenti e di valori.

“L’indignazione per i soprusi, il rifiuto della corruzione e dei favoritismi, la voglia di riscatto dei giovani del Mezzogiorno, la ricerca di valori condivisi più alti oggi sono passato, remoto più che prossimo.”

 “Mi chiamo Thiago, e questa è la mia vita.”

Thiago ritrova nella vecchia soffitta una scatola in cui sono riposti oggetti insoliti: un piccolo cubo dagli angoli molto smussati, in cui erano riposti un frammento di terracotta, un piccolissimo sacchetto di stoffa legato con un filo rosso, con cui erano stati conservati meno di una dozzina di semi, una piccola pietra nera, un minuscolo vetro riflettente ed un panno che nascondeva un libretto al portatore intestato a Casa del Popolo, alcuni nastri avvolti in una carta oleata, ed un registratore.

Un rumore sordo ne rivelò la presenza, e liberarla dalla terra, fu tutt’uno di meraviglia e fatica. Piccoli oggetti che il tempo aveva sepolto, sul quale erano impressi segni di storie dimenticate. La Chica prese tra le mani un cubo di legno, dagli angoli smussati, che custodiva un frammento di terracotta.”  “…tanto che vorresti buttarla, la scatola. A me hanno suggerito di distruggerla. Ma si può distruggere un’eredità?”

Thiago continua il suo viaggio metafisico, ambientato in Sudamerica (Tijuana, Durango, Oaxaca, Punto Fijo, etc.), ripercorrendo frammenti di storia di un’intera generazione e della nostra terra nel c.d. “Sistema”, rappresentato da Lo Scuro, che sintetizza un mondo corrotto e malsano in cui non devi dimostrare né competenza, né autonomia di pensiero. 

“Perché non con l’onestà, né con la lealtà, o con il lavoro, si poteva stare nel Sistema, Neppure con i risultati. Non occorreva essere brillante. Potevi essere mediocre, anzi era necessario. Servile e, se possibile, ricattabile. Questi i requisiti per stare dentro e fare carriera.” “… la fiera della vanità era servita.                              I controlli? I controllori erano metà tra i corrotti e metà tra i controllati.”

Nina, simile ad una ninfa, rappresenta la speranza e la voglia di riscatto di un popolo che vuole emergere dal fango e dalla melma in cui è affondato. Schizzo, invece, interpreta la voce dei Giovani, intrappolati nelle maglie di questa società malsana ma che cercano un riscatto nei confronti della generazione precedente che con il suo egoismo ha distrutto il loro futuro e quello delle prossime generazioni.

“Cos’è accaduto? La fabbrica avrebbe portato ricchezza, dicevano. Erano migliaia le persone che già vi lavoravano, ed altrettante sarebbero entrate non appena avessero ampliato gli stabilimenti. L’euforia era incontenibile, ovunque non si parla d’altro. D’un tratto il mondo tutto passava da lì, e tutti pensarono che fosse una cosa buona.”

“… l’intangibilità al Sistema. Il resto sarebbe venuto appresso, col tempo e con gli usi, cambiando le persone e trasformandolo in ogni sua componente, nel giro di una generazione.

“…. Poi, una ad una, come erano arrivate, anche le sirene tacquero.”

Nel “Vecchio” colpisce il candore dei capelli bianchi, rappresentazione della saggezza e del passaggio di testimone alla nuova generazione. … il Vecchio si voltò e m’invitò a seguirlo con un cenno del capo: “domani – mi disse – ti aspetto. Ora sono stanco. Domani saprai dove trovarmi.”

Il percorso di Thiago – intriso di malinconia e solitudine, che rifiuta il “Sistema”, i soprusi, la corruzione ed i favoritismi e cerca di costruire un Mondo diverso – si chiude con la metafora degli “Alberi” che affondano le radici nella nostra Terra: sono i Giovani che rifiutano il Sistema e cercano di costruire “un nuovo possibile agire collettivo, una comunità di intenti e di valori che faccia dell’uguaglianza e dell’onestà i propri fondamenti.”

Thiago aveva “trovato la scatola sotto l’albero, vicino alla fontana. Era un posto isolato, dietro la fattoria. Sapevo che lì, un tempo passava un fiume. Poi la città era cambiata, le fabbriche avevano popolato la pianura, poi le persone, e le case…… Volevo piantarne un altro di albero, lì, dai frutti più saporiti. Ma ogni volta che ci provavo, la pianta moriva. Avevo provato a fare spazio tra le radici che riaffioravano dal terreno, e scavando trovammo la scatola. Sepolta non lontano da dove un tempo scorreva il fiume.”

“È arrivato il momento di lasciare. Tutti ed ogni cosa ma, più importante, a ciascuno il suo. Lascio quella che è stata la mia vita, e quel che prima di me, altri hanno lasciato. Poca roba, ancora una volta, da staffettare. Un enorme carico da portare a mani vuote. Ho preso quel che ho avuto, e l’ho dato, senza nulla in cambio, assieme a quel che ho potuto. Per tutti. Per un nuovo inizio. Tutti mi danno già per morto, per finito. Ma non sono stato mai più vivo di ora. Mai più di adesso, solo ai confini del mondo, il cielo, stellato e infinito, sopra di me, libero da ogni giogo della paura, la morte non è che un lontano ricordo. Il sole sorge

all’orizzonte di questa lunga e fredda notte, e l’alba del primo giorno di primavera disvela un segreto perduto: io non posso morire.

Mi chiamo Thiago, e sono un uomo, libero.”

Nicoletta Lamberti

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