Vittorio Jannuzzi

Jannuzzi, il fotografo dei Vip: “Cerco l’anima attraverso lo scatto”

Da diversi anni, dal suo studio professionale sito a Vercelli, vedute, paesaggi sono il risultato di una professionalità acquisita nel tempo e temperata da una viva passione.

Ma i soggetti di Vittorio Jannuzzi, fotografo professionista, sono variegati; il suo occhio ed il suo obiettivo si concentra molti sui volti in un duplice soggetto e su una doppia caratteristica; volti di gente comune (il più delle volte prestano il proprio volto gli abitanti di Pisciotta, il suo paese natio) e moltissimi volti noti dello spettacolo, noi celebri della settimana arte dalla musica al cinema, dalla Letteratura al teatro alla televisione.

Gli scatti di Jannuzzi, destinati alle copertine dei maggiori settimanali di spettacolo, da Chi a Gente, da Diva e Donna, si pongono, nelle più volte dichiarate intenzioni di Jannuzzi, “di ricercare nel soggetto fotografato i tratti più intimi della sua personalità ed anche del loro talento”.

Una visione ed una concezione che sarebbe piaciuta ad un Carlo Levi o, prima di lui, ad un Ernesto De Martino, che anche solo dagli occhi della popolazione lucana si prefiggeva di tracciare gli elementi fisici ed addirittura spirituali di quella popolazione. Da Pisciotta, Vittorio Jannuzzi si è trasferito a Vercelli negli anni ottanta dopo aver vissuto nel capoluogo piemontese precedentemente con il fratello. Dopo aver frequentato le scuola a Losanna, in Svizzera, ha deciso di trasferirsi con la sua compagna da cui ha avuto un figlio. Il suo studio fotografico, tuttavia, è a Milano, dove, con diversi collaboratori, realizza e propone i suoi ormai celebri scatti.

-“Fare una fotografia vuol dire allineare la testa, l’occhio e il cuore. E’ un modo di vivere”, affermava Henri Cartier Bresson, soffermandosi sull’elemento oltre che emotivo, anche professionale ed empatico che il fotografo deve necessariamente possedere per realizzare un ritratto. Per Lei, Jannuzzi, che da molti anni ha il privilegio di avere nei suoi apprezzati soggetti, oltre paesaggi e soggetti naturali, anche illustre personalità del mondo dello spettacolo, del cinema e delle arti, questo enunciato vale doppio. Con che metodologia e soprattutto con quale empatia Lei ha intrapreso questo percorso?

Sono pienamente d’accorso con il pensiero di Henri Cartier Bresson; aggiungerei che, oltre un modo di vivere, la fotografia è un sentire. La fotografia è stata una conseguenza alle mie passioni fin da bambino, ero attratto dalla pittura dei maestri rinascimentali, la posizione dei soggetti, il taglio dell’immagine, le espressioni e soprattutto, il gioco di luci mi affascinavano. Allora, sognavo come realizzare tale bellezza, con una macchina fotografica, così decisi di frequentare una scuola di fotografia a Losanna.

Se dovesse sfogliare un immaginario album di ricordi fotografico, la prima foto che Le viene in mente che segna, in qualche modo, il suo esordio professionale e scientifico in questo mondo, quale sceglierebbe?

Ricordo con immenso piacere moltissime foto da me realizzate; quelle che, a mio parere, fecero da spartiacque tra il fotografo e la notorietà furono sicuramente quelle che realizzai ad Adriano Celentano, che mi volle come suo fotografo personale nel film, diretto da Enrico OldoiniLui è Peggio di Me“, con protagonista il Molleggiato e Renato Pozzetto. Ecco, li è stato come varcare la soglia che immetteva nel mondo della grande fotografia, le riviste specializzate in modo più evidente si accorsero di me.

 Eseguire una fotografia, sia personale che pubblica, sia per un personaggio celebre o meno, equivale a capirne la personalità, scorgerne le abitudini e le sensazioni che essi prediligono. Ciò può significare un vantaggio ed uno svantaggio quando si tratta di immortalare celebrità di cui si possono conoscere già atteggiamenti o lati del carattere; il fotografo attento, però, va oltre il sentito dire. Nella Sua carriera, quali tratti preferisce evidenziare di una celebrità attraverso una sua fotografia?

Nell’eseguire una fotografia, che si tratti di una persona comune o un divo, il mio approccio è relativamente simile poiché il mio interesse è rivolto non solo alla parte esteriore, fisica, ma anche interiore. Per questo motivo, soprattutto con artisti o personaggi di ogni genere, sono solito incontrarli prima poiché è prioritario ascoltarli, capire, percepire. Non voglio ritrarre solo il personaggio ma in contemporanea voglio ritrarre la persona. Mi servo della mia sensibilità affinché possa conquistare la loro fiducia e creare quell’empatia utile per realizzare le mie immagini.

Registi, attori, cantanti, modelli e modelle, anche politici. bravura e fascino, carisma ed intellettualità e tanti tipi di bellezza, dall’eleganza all’erotismo. Di quale tecnica o approccio il fotografo Jannuzzi si avvale per realizzare un ritratto per “eternare” il personaggio?

Il grande fotografo sa che non ci sono due persone fotografabili nella stessa maniera, ognuno ha il suo stile e la sua personalità e il mio compito è di esaltare la bellezza, l’intelligenza, la sensualità, la simpatia. Se l’approccio è identico, la messa in opera per rendere eternale una foto è molto diversa a seconda che sia un volto, un corpo, un abito, cose diverse che richiedono una diversa preparazione.

-Vi è un modello o un Maestro al quale Lei si ispira che Lei ha trasmesso un Suo personale insegnamento?

Seppure la differenza di ognuno di noi è nel proprio stile personale da ragazzo ammiravo Richard Avedon, ritrattista straordinario.

Nel corso della Sua carriera, ha avuto modo di fotografare e di conoscere tantissimi artisti, diversificati per carriera e per settore. Conoscere il percorso professionale in modalità critica aiuta di certo ad entrare in maggiore confidenza ed instaurare un rapporto di fiducia che può solo giovare al servizio; ugualmente come un regista che conosce la portata del suo attore per fargli cambiare anche ruolo o interpretazione per un determinato ruolo. Vi è uno scatto e di conseguenza un artista con il quale questo rapporto si è sin da subito avverato e consolidato? 

Certo, conoscere il personaggio e il suo percorso professionale aiuta sia nell’ approccio che nella realizzazione. L’elemento che io ritengo indispensabile è che il personaggio deve avere di fronte un fotografo con le idee chiare, sicuro di sé e con personalità. Il fotografo partecipa o decide un servizio fotografico dalla a alla zeta, fa il sopralluogo per location, mette voce nella scelta degli abiti, da le direttive su trucco e acconciature, dirige il cast del set fotografico ed è l’autore del prodotto finale. Se non hai le capacità e la giusta credibilità, diventa difficile conquistare la fiducia di grandi personaggi. In funzione di tutto ciò devo dire che i rapporti con tutti sono stati straordinari.

Vi è qualche artista scomparso con cui ha avuto un particolare legame di cui Lei serba un ricordo professionale e privato gradevole ed affettuoso?

Penso, tra i tanti, ad Andrea Brambilla in arte ZuzzurroIl mio rapporto con molti divi non si è limitato al servizio fotografico ma anche ad una frequentazione extra lavorativa, nascono simpatie spontanee e ci si vede anche per parlare e sparlare con grandi risate.       

Andrea Brambilla era uno di quelli, ma ricordo con grande affetto anche Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Mike Bongiorno, Luciano Pavarotti, Gigi Sabani.

Lei è il titolare anche di un Master nella Sua città, Vercelli, dedito alla scoperta ed alla perfezione dell’arte delle fotografie specie alla giovane generazione. Uno scopo quanto mai importante oggiorno che, come nell’ambito della scrittura e del giornalismo, con l’avvento dei social, si rischia di perdere la professionalità dello scatto e dello studio. Quali suggerimenti per i neofiti dell’arte della fotografia?

Sono d’accordo, i social e le nuove tecnologie se usati con cautela e nel modo giusto possono essere un valido aiuto.  Altrimenti, consentimi una espressione di Fantozzi: Sono una cagata pazzesca. Nei miei master cerco di insegnare e far capire che la macchina fotografica è solo il mezzo per immortalare il proprio pensiero, la propria sensibilità, il proprio sentire, le proprie emozioni. Il tutto naturalmente condito col proprio sapere e una certa raffinatezza tecnica. Moltissimi pensano invece che l’artefice principale è il mezzo: la macchina fotografica. E fanno degli scempi mostruosi.

 La fotografia, secondo Lei, a quale arte secondo Lei può essere accostata? Letteratura, cinema? Ed essa è un’arte sacra, pura o, come le altre arti “sorelle”, essendo legata anche ad un’industria, è anche arte applicata? Come è cambiata, inoltre, la fotografia nel corso degli anni ed i metodi ad essa adattata?

La fotografia è di per sé un’arte visiva in quanto si contempla, ma io ci vedo anche qualcosa di letterario, ad esempio quante volte si dice: “questa foto spiega più di mille parole”.  La fotografia si è evoluta tantissimo, voglio solo citare tre tappe importanti: Lastra fotografica, immagine unica a caricamento scorrevole analogico, con rullini quasi fino alla fine del secolo scorso e oggi il digitale. Se la fotografia è cambiata, nel metodo è rimasta identica nella Realizzazione e per fare una grande foto cento anni fa come adesso bisogna avere quelle qualità che ho già ampiamente descritto. La differenza tra un semplice clic e una fotografia è abissale.

foto 1  con Fabio Testi

foto 2  con Stefano Tacconi e Totò Schillaci

foto 3  con Cristiano Malgioglio e Marcella 

foto 4  set fotografico

foto 5  con Rosanna Fratello

Stefano Pignataro

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