Da Picasso e Hemingway, a oggi: la precarietà delle generazioni perdute

Gertrude Stein una volta disse ad un giovane apprendista di un autolavaggio, intento a lavarle l’auto: «Voi giovani della guerra e della crisi economica siete tutti una generazione perduta». Oggi siamo ben vicini a dover riproporre questo termine, così romanticamente enfatizzato negli anni, attraverso le parole e i volti di uomini come Picasso, Fitzgerald, Steinbeck e, più di tutti, Ernest Hemingway.

Mi è capitato di chiacchierare in giro con amici, conoscenti, in merito a quella che è la nostra situazione attuale, intesa non solo lavorativamente, ma come un vero e proprio crollo degli ideali e scopi umani.

Incontrai, tempo fa, una vecchia conoscenza, non la vedevo da anni, la invitai per un caffè al bar. Accettò e fu molto piacevole sedersi e guardarsi negli occhi dopo così tanto tempo. Lei pareva la stessa, io, a suo dire, più dimagrito ma sempre lo stesso. Sapevamo entrambi che non poteva esser vero.

Non soffermandomi oltre sul mio incontro, intendo dirvi ciò che lei disse a me.

«La verità, caro Adolfo, è che oggi ìgiorno noi siamo molto liberi, molto più di certo dei nostri genitori, guarda tutti questi ragazzini per strada, ricordi noi? A tredici anni giocavamo nel vicolo a calcio, stavamo in casa ai videogame, scuola, cotte, ma chi cavolo ci stava a fare il fighetto alle tre di notte con una birra per le mani?. La verità è che oggi si è molto più liberi, non solo i ragazzini, anche noi adulti, ma siamo liberi di non far nulla. Cioè, abbiamo molta libertà ma non sappiamo che farcene e la sprechiamo a bere, avanti ai pub, o a pensare a stronzate. Questo Paese non ci dà molta opportunità di investire sul nostro tempo, ora che sarebbe da sfruttare a dovere».

Ecco il punto a cui volevo si giungesse e del perché ho chiamato in causa la tanto amata génération perdue.

Possiamo reputarci “una nuova generazione perduta”? Perché no, visto che, dati gli annali, non si ricorda una crisi economica così devastante quanto longeva come quella che, dal 2008, siamo costretti ad affrontare; dico affrontare perché a sentire i nostri cari politici, dovremmo pazientare ancora qualche anno per risollevarci.

Siamo liberi, certo, ma liberi di far cosa? Credo che questa libertà che abbiamo di far niente e divertirci, rinchiudendo i pensieri del futuro ancora non ben definito, non possa definirsi tale davvero. Viviamo in un costante temporeggiamento della vita, in attesa di qualcosa che si riveli, di qualcosa che cambi ma sappiamo tutti che non è così che va. L’impegno è fondamentale nell’attuazione di un progetto, e tanti lo dimenticano, spossati dai continui rifiuti lavorativi, dove si sembra sempre inappropriati.

Come dite? Non è così? Forse non avete mai letto inserzioni dove si richiedono “Apprendisti con esperienza”, che quindi scarta un possibile apprendista che vuole apprendere il mestiere e lascia una persona con esperienza nel ruolo di apprendista. Pensandoci su, non è molto logico. Ma, vabbe’, fate voi.

Una generazione perduta i cui membri cerchino di divenire mentori per le generazioni che seguiranno e divulghino in qualche modo la volontà di non arrendersi e lottare per un sì alla vita, in ogni sua forma. Perché uno stato sociale che ammazza il popolo, merita un popolo a schiena dritta, capace di mostrare il volto sofferto di chi non demorde dai propri valori e principi.

Adolfo Adinolfi

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